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  • Pterophyllum altum, l'imperatore dell'acquario dolce

    Classe: Actinopterigi
    Ordine: Perciformi
    Famiglia: Ciclidi
    Genere: Pterophyllum
    Specie: Pterophyllum altum (Pellegrin, 1903)




    Gruppo di Pt. altum in acquario (foto e pesci di P.Piccinelli)


    Pterophyllum scalare varietà “Perù altum” selvatico
    E’ uno scalare particolarmente bello, che ricorda da vicino il profilo di Pt. altum e come tale spesso viene spacciato ad incauti acquirenti, vista la rassomiglianza soprattutto in età giovanile.
    Crescendo i fianchi assumono una puntinatura bruna e la differenza con Pt. altum si fa evidente.
    (foto e pesce di P. Piccinelli)


    Diffusione della specie
    Per la maggioranza degli esperti l’areale di provenienza della specie è esclusivamente il rio Orinoco, tanto che il Pt. altum è spesso commercializzato come “Orinoco altum”; studi recenti sulla diffusione della specie (purtroppo non ancora supportati da analisi molecolare del DNA mitocondriale) fanno invece propendere verso l’attribuzione di alcune popolazioni selvatiche dell’alto rio Negro alla specie Pt. altum.
    Il confine fra i “veri altum” e i “rio Negro altum”, che sono in realtà scalari, è pressoché universalmente riconosciuto nelle rapide del rio Negro in corrispondenza di Sao Gabriel.
    Esse costituiscono infatti una barriera fisica insormontabile; al di sopra delle rapide non si incontrano Pt. scalare, al di sotto di esse sono state identificate popolazioni la cui attribuzione all’una piuttosto che all’altra specie (o sottospecie, secondo alcuni) è ancora molto incerta.
    Nessun Pterophyllum può risalire le rapide, ma alcuni potrebbero essere stati trascinati dalla corrente al di sotto delle stesse, formando popolazioni isolate o miste.
    Il Pt. scalare “altum S.Isabel” che prende il nome dall’omonima località brasiliana situata sul rio Negro presenta appunto caratteristiche intermedie fra Pt. altum e Pt. scalare ed è ad oggi in attesa di esatta identificazione (vedi foto sotto).


    Pt. S.Isabel: si nota come questo splendido esemplare selvatico di 24 mesi presenti caratteristiche intermedie fra Pt.scalare e Pt.altum (foto di G. Ghezzi).

    Per tentare di comprendere l’esatta diffusione del Pt. altum occorre un’indagine preliminare sul bacino idrico di due dei più importanti fiumi del Sudamerica, il rio Orinoco ed il rio Negro, che scorrono per un lungo tratto sullo stesso altipiano e sono suddivisi da uno spartiacque spesso effimero.
    Vediamo cosa ciò comporta a livello delle differenti popolazioni che vengono ascritte alla specie Pterophyllum altum e che sono presenti lungo il corso dei due fiumi.
    Il rio Negro nasce in Colombia nella regione di Guania, che confina a sud con il Brasile e ad est con la regione Venezuelana di Amazonas, in cui sono ubicate le sorgenti del rio Orinoco.
    Il tratto del rio Negro fra Brasile e Venezuela (e che ne delimita il confine) scorre in direzione NW-SE, parallelamente all’alto corso del rio Orinoco che invece scorre in direzione SE-NW.
    Circa a metà di questi corsi paralleli, su un altopiano di solido basalto scarsamente erodibile, si situa il rio Casiquiare, che dalla gente del posto è definito “cano” o “brazo”, cioè canale più che fiume, poiché a seconda dei periodi dell’anno e della distribuzione/intensità delle piogge la sua corrente sembra cambiare direzione; la sua “sorgente” infatti è più simile ad una biforcazione dell’Orinoco ed è situata a 123 m s.l.m. mentre la sua foce (come affluente del Negro) è a 90 m s.l.m. per un corso di circa 320 Km, quindi la pendenza è davvero esigua, circa lo 0,1%.
    A causa del ridottissimo dislivello il fiume per molti mesi all’anno appare stagnante, mentre in alcuni periodi, quando le piogge sono più abbondanti, l’acqua dal rio Negro si riversa attraverso il Casiquiare sull’altipiano a formare vaste pozze e Llanos (aree paludose stagnanti) e dando l’impressione che il fiume scorra a ritroso, fino a che l’irruenza dell’onda di piena dell’Orinoco (solitamente alla fine di Maggio) si riversa nuovamente e con una certa impetuosità attraverso il Casiquiare direttamente nel Negro ripristinando il corso del fiume da nord a sud.
    Sull’argomento è stato anche scritto un libro “The river that flows uphill/from the Orinoco to the Amazon” (Murcutt & Starks).
    E’ verosimile che attraverso questo passaggio un numero non quantificabile di specie ittiche, e quindi anche di esemplari di Pt. altum, abbia potuto spostarsi ed insediarsi nel corso del Negro, ove esiste la possibilità che abbiano avuto origine popolazioni autoctone con caratteristiche morfologiche leggermente differenti o addirittura ibridi con gli appartenenti endemici del genere Pterophyllum (questa seconda eventualità è ritenuta meno probabile).
    Esiste anche la diceria che alcuni esemplari di cattura siano stati liberati/fuggiti da incauti allevatori al di fuori dell’areale d’origine ed abbiano dato origine a popolazioni nuove riproducendosi o ibridandosi spontaneamente con altre specie di Pterophyllum; pare infatti che una piena improvvisa abbia sommerso negli anni ’80 del secolo scorso un allevamento nell’alto corso del Negro liberando alcune centinaia di esemplari di Pt. altum; personalmente la ritengo una leggenda diffusa ad arte da alcuni importatori per far salire il valore commerciale dei propri esemplari di scalare spacciandoli per altum.


    Mappa idrografica del bacino amazzonico, notare il rio Casiquiare (evidenziato) che mette in comunicazione Orinoco e Negro

    Riassumendo, Pt. altum vive solo nel bacino dell’Orinoco e nell’alto rio Negro, che comprendono il rio Inirida, il Guaviare, l’Atabapo, il Casiquiare, il Guainia, l’Icana, l’Uaupes/Vaupes, il Ventuari e tutti i loro piccolo affluenti minori.
    In pratica in tutti i corpi idrici direttamente influenzati dalla massa d’acqua proveniente dall’Orinoco.

    Cenni storici
    La cattura del primo esemplare identificato come Pterophyllum altum è avvenuta in Venezuela, presso S. Ferdinando de Atabapo, sul fiume Atabapo appunto, che è un affluente dell’Orinoco, nei primi anni del 1900; tale esemplare è oggi conservato presso il Museo della Scienza di Parigi.
    L’identificazione come nuova specie è stata eseguita da Pellegrin, nel 1903.


    Pt. altum, disegno eseguito da Pellegrin, 1923.

    La prima importazione in Europa per scopi scientifici risale al 1920, probabilmente in Germania e negli anni attorno al 1950 alcuni esemplari iniziarono a popolare i grandi acquari pubblici; ne è infatti documentata la presenza presso l’acquario di Berlino nel 1953.
    Nel 1972 Heiko Bleher, di ritorno da uno dei suoi viaggi di esplorazione, riportò con sé anche degli splendidi esemplari di Pt. altum e ancora oggi egli rimane uno dei detrattori dell’idea che Pt. altum possa esistere al di fuori del bacino dell’alto Orinoco, sebbene come visto poc’anzi diverse prove in questo senso siano state portate da diverso tempo e da diverse fonti che paiono attendibili.
    Tutt’oggi il dibattito in merito è ancora rovente; in attesa di prove inconfutabili derivanti dall’analisi molecolare, non esistono le basi oggettive per prendere alcuna posizione in merito.

    Biotopo d’origine
    Il Pt. altum si trova principalmente in tre ambienti aventi caratteristiche distintive; non è ancora ben chiaro (o, meglio, le fonti sono contrastanti) se gli individui si spostino da un ambiente all’altro stagionalmente oppure se risiedano e si riproducano indifferentemente in ognuno di essi.
    In ognuno dei tre “biotopi” il mondo del Pt. altum varia periodicamente seguendo il ritmo delle piogge, così come accade per moltissime specie acquatiche e terrestri che vivono nell’ambiente che comunemente viene definito “Amazzonico”, cioè nella foresta pluviale periodicamente allagata e nelle piane alluvionali che circondano i fiumi principali del Sudamerica e i loro affluenti.
    Individueremo i tre differenti ecosistemi e le caratteristiche chimico-fisiche e paesaggistiche che è importante conoscere per ricreare in acquario l’ambiente più adatto per osservare al meglio questi maestosi pesci; avremo quindi i tre “biotopi” distinti, che incontreremo risalendo idealmente il corso dell’Orinoco da nord a sud, identificati da Edgar R. Ruiz come:

    1. Biotopo “Caño Llanero”, ovvero dei corsi d’acqua che attraversano bassopiani paludosi denominati appunto “Llanos”.
    2. Biotopo “Atabapo”, cioè corso d’acque nere immerso nella foresta con corrente moderata ed acqua limpida fortemente ambrata
    3. Biotopo “Alto Orinoco”, cioè torrenti di acqua chiara immersi nella foresta con corrente apprezzabile e fortemente ossigenati

    Caño Llanero
    Il biotopo in questione è fondamentalmente un intricato sistema di ruscelli e piccoli corsi d’acqua che scorrono su vaste praterie pianeggianti coperte di erba alta verso i grandi affluenti dell’Orinoco ed è situato a grandi linee fra Ciudad Guayana nella regione di Bolivar (Venezuela centrale) e Puerto Ayacucho nella regione di Amazonas (Venezuela meridionale).
    Gli Llanos sono attraversati dai vasti affluenti dell’Orinoco, che vi drenano le abbondantissime precipitazioni stagionali delle praterie; data l’irregolarità delle piogge e il loro concentrarsi in precisi periodi dell’anno, le praterie passano dall’essere completamente allagate all’essere asciutte distese d’erba.
    Nei territori ad ovest abbiamo il rio Inirida che forma il confine meridionale dei Llanos, poi abbiamo il rio Meta ed il rio Arauca, le cui sorgenti sono situate in Colombia; a nordest abbiamo il rio Apure, il Guanare ed il Caroni, fra gli altri.
    I Caños Llaneros sono i corsi d’acqua minori che alimentano i succitati affluenti ed è proprio in questi ruscelli che i Pt. altum solitamente si riproducono, poiché è molto difficile che possano trovare le condizioni adatte alla riproduzione nei grandi fiumi a causa della corrente, nonché dei famelici predatori che vi abitano (Payara, Piranha, Tucunare fra gli altri).


    La distribuzione dei Llanos fra Colombia e Venezuela

    La caratteristica principale di questo habitat è la corrente molto debole, quasi inesistente e la frequente formazione di pozze stagnanti dovute a piccoli avvallamenti della vasta estensione pianeggiante; qui l’acqua è limpida e molto scura a causa dello spesso strato di vegetazione in decomposizione e l’acqua vi ristagna per settimane o addirittura mesi (generalmente nei mesi fra ottobre e maggio) a causa del suolo argilloso pressoché impermeabile che trattiene tutte le precipitazioni.
    Il suolo argilloso è di per sé acido, ricco di composti organici e non influenza la durezza dell’acqua, qui praticamente non misurabile; non fornisce inoltre alcun potere tampone e può quindi essere considerato inerte per il nostro ambito di interesse.
    L’acqua è profonda generalmente dai 60 cm al metro e mezzo e la sua superficie è coperta da piante galleggianti, è possibile inoltre rinvenire grandi Echinodorus che crescono parzialmente emerse; il resto della vegetazione è costituito da piante palustri e i legni sommersi sono rari, limitati a sporadici alberi caduti; le zone di foresta sono limitate a sottili striscie lungo le rive dei fiumi più grandi.
    Alcune aree sono interessate da suolo roccioso con la possibilità di rilascio di minerali, ma i Pt. altum sono sempre stati rinvenuti in acque spiccatamente acide e tenerissime.
    I valori tipici dei Caños Llaneros sono: pH fra 4,5 e 6,5 a seconda della stagione e della località, temperatura fra 27.5°C e 32°C (ma può scendere fino a 22°C durante un forte acquazzone), GH e KH inferiori ad 1.
    La concentrazione di ossigeno è variabile ma possiamo affermare che, a differenza dei S. discus che tollerano acqua stagnante e una ridotta ossigenazione, gli esemplari adulti di Pt. altum preferiscono acque mosse anche debolmente, ben ossigenate e abbastanza profonde; sarà quindi più probabile trovarli lungo le vene d’acqua che drenano dalla palude, piuttosto che nella palude medesima dove invece sarà più frequente rinvenire i piccoli, che vi trovano cibo a volontà sotto forma di insetti e piccoli organismi acquatici.


    A sinistra: Cano la Pica, tipico corso d’acqua in cui è possibile trovare Pt. altum, immerso negli Llanos.
    A destra: l’aspetto dei Llanos durante la stagione secca.


    Atabapo
    Nella stagione secca i fiumi ed i torrentelli scorrono placidi nei loro alvei dalle rive spesso costellate di scure rocce basaltiche, arrotondate da millenni di continua erosione , il fondale è ricoperto di finissima sabbia silicea di colore chiaro, l’acqua è limpida e fortemente ambrata (gli acquariofili tedeschi la definiscono feuerwasser, acqua di fuoco, per il colore rosso acceso) e la vegetazione sommersa è quasi assente, limitata spesso alle sole alghe.
    La parte esterna delle anse dei fiumi è erosa dalla corrente, che lascia scoperto l’intrico formato dalle radici degli alberi mentre la parte interna è occupata da vasti depositi sabbiosi che formano estese e candide spiagge bruciate dal sole.
    I letti dei grandi fiumi sono molto soleggiati, mentre i piccoli affluenti scorrono sotto la fitta copertura del fogliame (vedi foto successive).
    Durante il giorno i pesci si spostano verso il centro dei corsi d’acqua nelle zone più profonde e di moderata corrente per cercare il cibo, mentre la notte si rifugiano nelle fenditure delle rocce o fra le radici sommerse per trovare acque calme e riparo dai predatori.
    La forma del corpo e la livrea del Pt. altum suggeriscono un adattamento molto spinto alla vita nel folto della vegetazione sommersa, in condizioni di luminosità bassa e soffusa.
    La temperatura dell’acqua qui varia fra circa 26°C e 30°C, il pH è decisamente acido, attorno al 4, GH e KH non sono rilevabili, la conducibilità è di circa 15 µs/cm.


    Tipico ruscello dell’altopiano che scorre su un suolo roccioso, notare le zone di corrente che si alternano a pozze più profonde e quasi stagnanti.


    Riva sabbiosa del corso principale de rio Atabapo,
    con rocce basaltiche scure, sabbia bianca ed acqua limpidissima color the.



    Stiamo risalendo il corso dell’Orinoco da nord verso sud e ci inoltriamo nella regione di Amazonas, nei dintorni di Puerto Ayacucho; siamo circondati da una lussureggiante foresta che regna sovrana distendendosi sui fianchi delle dolci colline.
    L’altitudine media si aggira fra i 300 ed i 400 m s.l.m. e quieti torrenti si inoltrano nel fitto della foresta per raccogliere l’acqua che porteranno al grande fiume.
    Qui la corrente è apprezzabile ma non impetuosa e il letto dei corsi d’acqua, profondi da 70 cm ad oltre un metro, è completamente coperto dalla vegetazione arborea sovrastante; i torrenti formano molti meandri, in cui è facile osservare dei mulinelli e dei gorghi nella parte più esterna, mentre l’acqua all’interno delle anse è calma e ferma, ingombrata di rami e tronchi ivi ammassati dalla corrente.
    Un tipico esempio di questo splendido e piacevole ambiente sono i caños immersi nella giungla ritratti nelle fotografie successive, profondi mediamente poco più di un metro, il cui letto è però irregolare con punti profondi oltre due metri e piattaforme rocciose su cui scorrono poche decine di centimetri d’acqua.
    La sabbia è pulita e bianchissima e nei punti più placidi notiamo spessi accumuli di foglie morte; la Vallisneria gigantea abbonda in tutti i punti raggiunti dalla luce solare e cresce rada nei punti ombreggiati.
    L’acqua presenta un pH fra 5,8 e 6,8, una durezza non rilevabile e una temperatura fra 24°C e 28°C.
    Qui è frequente incontrare esemplari adulti di Pt. altum che curano la prole nascosti fra l’intrico di radici che dall’alto pescano in acqua lungo le rive e che ricordano lontanamente i mangrovieti costieri; sono abbondanti i Paracheirodon axelrodi e diverse altre specie di piccoli caracidi, che saltuariamente entrano a far parte della dieta dei Pt. altum.


    Caño cristal, alto Orinoco, regione di Amazonas – Venezuela.


    Caño chani chani, regione di Amazonas – Venezuela.


    Tratto allagato di foresta, habitat di Pt. altum durante la stagione umida - Colombia

    Reperibilità commerciale
    Il Pt. altum è un pesce veramente difficile da reperire nei canali commerciali “istituzionali” poiché può essere catturato solo per tre mesi all’anno, essendo le zone di provenienza inaccessibili nel resto dell’anno a causa dell’alto livello dell’acqua e poiché la mortalità dovuta al trasporto è altissima, anche del 90%.
    L’elevata difficoltà di allevamento, la scarsa disponibilità di esemplari sani e conseguentemente il loro prezzo piuttosto elevato concorrono a farne dei pesci “per appassionati”.
    La riproduzione in cattività è ancora un evento veramente eccezionale e molti dei pesci che vengono spacciati per “altum tank raised” non sono altro che Pt. scalare peruviani o ibridi altum/scalare, quindi fate molta attenzione nell’identificazione ed acquistate questi pesci solo da commercianti che conoscete bene e di cui vi fidate o da appassionati di sicura reputazione.
    Elenchiamo quindi alcuni dati salienti utili all’identificazione:

    Caratteristiche morfologiche peculiari
    Il corpo è molto schiacciato sui lati e si sviluppa in altezza, la pinna dorsale conta da 28 a 30 raggi molli e la pinna anale da 28 a 32 ed entrambe sono estremamente allungate; anche le pinne ventrali (baffi) sono molto allungate e possono agevolmente superare i 20 cm.
    Lungo la linea mediana dei fianchi si contano da 46 a 48 scaglie partendo dall’opercolo branchiale fino al peduncolo caudale, mentre Pt. scalare ne conta da 30 a 39 e Pt. Leopoldi da 27 a 29.
    L’altezza del corpo è uguale o superiore alla distanza fra la bocca ed il peduncolo caudale; questa sua differenza rispetto al comune Pt. Scalare fa sì che il pesce assuma un aspetto ed un portamento assolutamente regali.
    Rispetto ai cugini Pt. Scalare e Pt. Leopoldi, i Pt. Altum sono di taglia notevolmente più grande e possiedono pinnaggio più sviluppato, in acquario raggiungono infatti i 30 cm di altezza ed i 25 di lunghezza mentre in natura sono stati catturati esemplari vicini ai 45 cm di altezza.
    L’accrescimento del pesce in età giovanile è rapidissimo: se nutriti adeguatamente, gli esemplari di 12 mesi raddoppiano la propria taglia entro il secondo anno di età.
    Gli esemplari giovanili appaiono più snelli ed allungati, con le pinne sproporzionatamente lunghe rispetto al corpo e la fronte leggermente concava; crescendo il corpo si arrotonda e le pinne appaiono più corte in rapporto all’insieme del pesce.
    Il muso è stretto e la mandibola sporge in avanti con una tipica concavità sopra la bocca, la cosiddetta “sella” presente anche nella bellissima varietà Pt. Scalare denominata “Peru altum”, con cui però non bisogna confonderli!
    La colorazione di fondo della livrea è argentea, il pesce possiede sette bande verticali scure in età giovanile, di cui quattro nere e molto più evidenti negli adulti, mentre le altre tre di colore dal bronzeo al verde oliva appaiono più sbiadite; la banda più lunga, che appartiene al secondo tipo, è quella che va dall’estremità superiore della pinna dorsale al fondo della pinna anale.
    Tale livrea simula i giochi di luci ed ombre tipici delle zone ricche di vegetazione sommersa ed i canneti tipiche delle zone di provenienza.
    Il dorso in età adulta si presenta finemente maculato con fitti puntini bruni o rosso sangue del diametro di pochi millimetri; un tratto tipico del Pterophyllum altum è la capacità di mutare la livrea in poche frazioni di secondo da un contrasto netto fra fondo argenteo e bande nerissime ad una più omogenea dove le bande verticali assumono colore più smunto e riflessi metallici.
    Caratteristica infine è la macchia nera che compare sull’opercolo branchiale appena dietro l’occhio quando il pesce assume atteggiamento aggressivo; la parte posteriore dell’occhio assume una colorazione rossa molto intensa dal primo anno di età in poi.
    Gli esemplari selvatici di Pt. Scalare e Pt. Altum presentano in alcuni casi la puntinatura sul dorso tipica dei secondi, ma solo Pt. Altum presenta una seconda barra verticale sulla testa, meno marcata delle altre, che scorre fra la banda nera sull’occhio e quella più scura alla base della pinna dorsale.


    Pt. altum in acquario
    L’esemplare in alto a destra è un adulto di oltre 24 mesi, notare la sua forma più arrotondata rispetto all’esemplare di circa 12 mesi in basso a sinistra, il cui corpo è più slanciato ed allungato.
    Gli esemplari adulti in alto presentano la puntinatura color rosso sangue sul dorso, che compare attorno al 20° mese di età.
    L’esemplare giovanile mostra perfettamente la livrea tipica, cioè un fondo argenteo, 4 bande scure (sull’occhio, alle estremità della dorsale, sul peduncolo caudale)e le tre bande color verde oliva situate fra di esse; si nota anche la macchia nera sull’opercolo, proprio dietro l’occhio.
    E’ evidente il tratto distintivo delle scaglie, che appaiono molto più minute in rapporto alle dimensioni del pesce rispetto ai cugini Pt. scalare e Pt. leopoldi.


    Dimorfismo sessuale
    Non esiste alcun dimorfismo sessuale distinguibile al di fuori del periodo riproduttivo, nel quale diventano evidenti le papille genitali di entrambi i sessi; la papilla maschile è più piccola, appuntita e a forma di cono, mentre la papilla femminile è da due a tre volte più grande ed ha forma cilindrica o tronco conica.
    Pt. altum raggiunge la maturità sessuale attorno ai 24 mesi di età.


    Una curiosità, la banconota da cinquemila bolivares in corso in Venezuela, su cui sono ritratti due giovani esemplari di Pterophyllum altum.
    Il regime venezuelano non esporta più da anni per (oscuri) motivi politici alcun esemplare di Pt. altum.
    I pesci che vengono pescati nel bacino dell’Orinoco vengono commercializzati in tutto il mondo principalmente attraverso la Colombia; in tal modo si perdono le tracce dell’esatta provenienza geografica dei pesci, che si mescolano nelle vasche dei grandi esportatori; si perde così la possibilità di studiarne accuratamente le varianti cromatiche e morfologiche e di attribuirle ad un preciso areale.


    L’acquario per Pt. altum

    Condizioni chimico- fisiche
    L’acqua deve essere calda.
    28°C è la temperatura ideale, da portare a 30°C o anche 32°C in caso si tenti di condizionare i pesci a riprodursi.
    L’acqua sarà inoltre fortemente ambrata, estremamente tenera e pulita, conducibilità inferiore ai 50µs/cm con KH e GH non rilevabili, pH intorno a 5 (4 per tentare la riproduzione e per acclimatare pesci arrivati in vasca in cattive condizioni).
    Per mantenere il pH stabile sconsiglio l’utilizzo della CO2, preferendo il ricorso al più naturale filtraggio attraverso abbondante torba.

    Dimensioni minime
    Il volume d’acqua minimo per ogni esemplare è di 75 litri, il volume consigliato è di circa 100 litri per ogni esemplare adulto.
    Siccome Pt. altum è fortemente gregario, il numero minimo di esemplari da allevare insieme è 6, il numero consigliato va dai 10 ai 15 esemplari.
    La vasca sarà quindi dai 500 ai 750 litri netti e dovrà avere un’altezza minima di 60 cm, con una colonna d’acqua NETTA di almeno 50 cm, meglio se superiore.
    Una volta individuati i pesci ed approntato l’acquario destinato ad accoglierli, dobbiamo osservare alcune semplici precauzioni per trasferirveli senza che subiscano pericolosi contraccolpi, vediamo quindi come effettuare correttamente l’allestimento dell’acquario e l’ambientamento dei pesci.

    Allestimento
    Un acquario che ospita Pt. altum deve essere una vasca monospecifica dedicata, vi possono essere inseriti solo alcuni pesci di fondo come i Corydoras (bellissimi e compatibili con le condizioni dell’acqua sono i C. metae).
    Assolutamente non va inserita alcuna specie di ciclide, sconsigliati i loricaridi e i piccoli caracidi, che diverrebbero immediatamente cibo vivo, poiché ogni pesce che abbia dimensioni compatibili con la bocca degli altum è destinato ad essere ingoiato.
    L’acquario deve avere almeno due pareti completamente schermate, in modo da offrire ai pesci un angolo riparato dove rifugiarsi, poiché come tutti i selvatici sono molto timidi e diffidenti, la vasca dovrà essere preferibilmente chiusa da un coperchio, poiché non è raro che i pesci saltino a causa di improvvisi attacchi di panico o in seguito ai frequenti scontri gerarchici.
    E’ importante inserire almeno un velo di sabbia fine sul fondo ed aggiungere alcune piante a foglia larga per fornire schermi visivi; a questo proposito esiste solo l’imbarazzo della scelta fra le centinaia di varietà di Echinodorus presenti in commercio.
    Visto che le Echinodorus necessitano di terreno fertile per i loro poderosi apparati radicali, si consiglia di inserirle in acquario all’interno di vasi di plastica o terracotta riempiti di terriccio; i vasi andranno fissati in modo stabile incastrandoli fra le rocce o incollandoli alla lastra di fondo dell’acquario e sopra il terriccio sarà opportuno stendere almeno un centimetro di sabbia fine onde evitare che i nutrienti contenuti nel vaso passino in soluzione.
    Per riprodurre l’ambiente naturale è opportuno inserire dei sottili legni ramificati; ottimi per questo impiego i rami di quercia scortecciati e ben essiccati oppure delle lunghe radici di mangrovia o ancora il cosiddetto redmoore, posizionati in modo da delineare territori ben distinti, di cui gli individui prenderanno possesso quando si definirà la scala gerarchica.
    E’ consigliabile una luce molto soffusa e un tappeto di piante galleggianti per aiutare a mantenere nulli i composti azotati.
    Indispensabile fornire un buon filtraggio ed un altrettanto buon movimento d’acqua, con ossigenazione vigorosa; il metodo migliore per ottenere entrambe le cose è installare un capiente filtro percolatore equipaggiato con una pompa potente.

    Trasporto e acclimatazione
    La quasi totalità degli esemplari di Pterophyllum altum presenti sul mercato è di origine selvatica, il che comporta due diversi ordini di problemi connessi con l’acclimatazione, cioè la qualità dell’acqua e la sicura presenza di parassiti che dovranno essere rimossi, anche in esemplari apparentemente sani.
    Iniziamo dalla qualità dell’acqua, poiché un errore in questo senso può provocare la morte del pesce in pochi giorni, se non addirittura in poche ore nei casi più sfortunati.
    Quando riceviamo una spedizione, i pesci sono imbustati da almeno 24 ore (ma più spesso 48 ore ed oltre) in sacchetti di polietilene contenenti molta aria e pochi litri d’acqua in cui il pesce ha emesso composti ammoniacali sotto forma di urina dal momento in cui vi è stato inserito.
    All’interno della busta abbiamo un’acqua molto tenera, il cui ph varia fortemente in conseguenza della concentrazione di anidride carbonica disciolta e, all’apertura del sacchetto, gran parte della CO2 volatilizza velocemente provocandone un repentino innalzamento e la conseguente conversione di ammonio in tossica ammoniaca.
    Se noi lasciamo il pesce immerso nell’acqua di trasporto con il sacchetto aperto rischiamo di bruciargli le branchie e le pinne in poco tempo (questo è il motivo per cui molti esemplari in fase di acclimatazione presentano respirazione affannosa e pinne corrose).
    La corretta operazione da compiere è inserire le buste ancora chiuse nella vasca che ospiterà i pesci, attendere che la temperatura si uniformi perfettamente, aprire le buste estraendo immediatamente il pesce con le mani (bagnate e pulite!!!) ed inserirlo in vasca rilasciandolo delicatamente.
    L’acqua di trasporto dovrà essere buttata insieme ai sacchetti.
    Ove possibile cercheremo di ottenere quante più informazioni dal venditore/importatore e regoleremo i valori del nostro acquario in modo che corrispondano a quelli cui i pesci sono avvezzi, più verosimilmente prepareremo accuratamente la vasca che dovrà accogliere i pesci in modo che l’acqua al suo interno sia molto tenera (conducibilità inferiore a 100 µs/cm) e piuttosto acida (ph uguale o inferiore a 5), in tal modo limiteremo fortemente il rischio di insorgenza di batteriosi della mucosa e delle pinne e favoriremo l’espulsione dei metaboliti da parte dei pesci, grazie alla forte pressione osmotica.
    La temperatura dovrà essere attorno ai 30°C per lo stesso motivo e potrà essere lentamente abbassata a 28°C dopo la prima settimana, se non si presenteranno problemi.
    Per la preparazione dell’acqua personalmente utilizzo un sistema di sicura efficacia e basso costo, cioè l’acidificazione con torba bruna di sfagno da giardinaggio.
    In pratica riempio la vasca di acqua osmotica e correggo con una opportuna quantità di acqua di rubinetto in modo da arrivare ad una conducibilità di circa 80 – 100 µs/cm e poi aggiungo nel filtro un litro di torba grezza ogni 200 litri d’acqua; dopo un paio di settimane di infusione il ph è stabile attorno al 5 e la conducibilità a circa 50 µs/cm, grazie agli acidi umici e fulvici rilasciati dalla torba che agiscono da tampone; a quel punto l’acqua è pronta.
    E’ fondamentale mantenere la torba in infusione, poiché il rilascio di sostanze instaura un equilibrio dinamico con la soluzione acquosa mantenendola stabile.
    Inseriremo i pesci preferibilmente la sera ed a luci spente e, se non si verificheranno particolari problemi, inizieremo ad alimentarli dal secondo giorno, controllando che tutti gli esemplari mangino con appetito (il Pt. Altum è normalmente molto vorace) e che le feci abbiano un aspetto ed una consistenza sana (cioè che siano compatte, di colore scuro e si stacchino velocemente dall’animale).
    Per i primi giorni è opportuno somministrare mangime congelato di buona qualità, non troppo proteico e molto ricco di fibra come l’artemia salina, per integrare pian piano con alimenti più proteici come il chironomus (molto gradito il rosso, ma anche il nero ed il bianco).
    Anche se i pesci mangiano con voracità, consiglio a titolo preventivo la somministrazione di un medicinale a largo spettro contro i vermi parassiti, come ad esempio l’HS Camacell, in grado di trattare sia gli animali, sia la vasca; il ciclo vitale dei parassiti dura circa 7 giorni a 30°C, si consiglia quindi di protrarre il trattamento per 10 – 15 giorni onde eliminare anche le uova eventualmente presenti in vasca.
    Utile, anche se non indispensabile, un trattamento antiflagellati a base di Flagyl, un medicinale ad uso umano facilmente reperibile in ogni farmacia senza necessità di ricetta medica; il medicinale va polverizzato e mescolato al mangime congelato ancora umido in ragione di mezza compressa al giorno per una settimana.
    Durante i trattamenti si dovrà ossigenare vigorosamente l’acquario e al termine si opereranno copiosi cambii d’acqua e filtrazione con carboni attivi per 48 ore, levando temporaneamente la torba e sostituendola con altra nuova quando si rimuoveranno i carboni esausti.
    Fra il trattamento antiparassitario e quello per i flagellati è opportuno lasciar passare almeno un paio di settimane per verificare che i pesci reagiscano bene.
    A questo punto si dovrebbe notare una aumentata vivacità ed un maggiore appetito, e si potrà quindi gradualmente riportare la temperatura dell’acqua attorno ai 28°C (teniamola a 30°C durante i trattamenti).

    NOTA: I pesci sani convivono abitualmente con gli organismi parassiti, ma il loro sistema immunitario riesce a tenerli a bada abbastanza agevolmente ed essi non mettono in pericolo la vita degli animali; i pesci sballottati e debilitati da un viaggio lungo e spesso rude, nonché male alimentati per settimane o anche mesi perdono gran parte delle difese immunitarie e rischiano di essere sopraffatti dai parassiti; è per questo motivo che una profilassi preventiva ad ampio spettro è opportuna.

    Alimentazione
    In natura il Pt. altum è onnivoro, con predilezione per lo zooplancton e i piccoli crostacei e, in età adulta, anche piccoli pesci come i Paracheirodon.
    In acquario accettano quasi tutti gli alimenti vivi e congelati di buona qualità, quali il chironomus, l’artemia, il mysis, il krill; gradiscono anche i lombrichi di terra o la polpa di gambero, entrambi tagliati a pezzi grandi all’incirca come la loro bocca.
    Alcuni allevatori consigliano di somministrare saltuariamente delle verdure sbollentate come foglie di spinaci o lattuga, anche se i miei esemplari non hanno mai mostrato di gradirle.
    E’ possibile abituarli a mangiare del mangime granulare, ma solo a base proteica e di ottima qualità; contrariamente a quanto si legge da diverse fonti, il mangime per discus non è indicato per Pt. altum in quanto tende ad affaticare il fegato essendo troppo proteico.
    Quindi, in definitiva la dieta deve essere proteica, variata ma abbastanza povera di grassi e priva di proteine derivanti dalla carne.

    Comportamento
    Pt. altum è un pesce gregario, in natura vive in piccoli gruppi costituiti da un numero di esemplari adulti variabile da 6 a 12, al massimo 15, più eventuali nidiate in fase di svezzamento.
    Pur essendo un pesce relativamente pacifico è pur sempre un ciclide e pertanto mostra una certa aggressività intraspecifica, soprattutto durante il periodo di acclimatamento in acquario quando è il momento di stabilire la scala gerarchica ed il possesso delle diverse zone della vasca.
    Il comportamento durante la riproduzione non è mai stato osservato in natura ed è ancora abbastanza sconosciuto anche in acquario, poiché le poche deposizioni sono state ottenute in vasche “sterili” approntate appositamente per l’evento e riservate alla coppia; per analogia con le altre specie del genere Pterophyllum l’aggressività dovrebbe acuirsi notevolmente e la coppia formatasi appartarsi dagli altri esemplari per tutta la durata del corteggiamento, della deposizione e delle cure parentali.
    Da quanto si sa Pt. altum forma coppie stabili, che durano sovente per tutta la vita dei loro componenti, stimata intorno ai 10 anni.
    Gli scontri fra gli esemplari si limitano quasi sempre ad esibizioni di forza effettuate mostrando le pinne completamente estese all’avversario, vibrando o dando fugaci colpi di coda a simulare un attacco; raramente i pesci si afferrano per le mascelle in prove di forza, che comunque sono di breve durata e niente affatto cruente, provocando alla peggio dei lievi danni all’apparato boccale dei contendenti.
    Lo sconfitto negli scontri retrocede ed alza il muso verso la superficie mostrando la gola al vincitore, che gli assesta deboli colpetti con la bocca per affermare la propria superiorità; l’ordine gerarchico è continuamente messo in discussione ed il dominante è spesso impegnato in brevi scaramucce.
    In una sola occasione ho assistito ad un attacco cruento di un esemplare adulto che ha mozzato parte della coda di un giovanile troppo impertinente con un morso; tale episodio non si è mai ripetuto, segno che la lezione è stata appresa immediatamente!
    Una caratteristica peculiare di Pt. altum sono repentini e violenti attacchi di panico scatenati da un rumore forte, da una intrusione in acquario, da un lampo di luce inaspettato; durante questi sfortunati e violenti episodi non è infrequente che i pesci si scaglino a tutta velocità contro le pareti della vasca e muoiano subito dopo per i traumi volontariamente auto inferti.


    Riproduzione
    Il periodo riproduttivo per Pt. altum dura tre mesi all’anno e inizia grossomodo in maggio per terminare a fine luglio; si suppone che l’allungarsi delle giornate sia da stimolo al corteggiamento.
    La riproduzione in acquario è, come già detto, un fatto eccezionale e più unico che raro; anche se molti affermano di riprodurre regolarmente gli altum in acquario, le riproduzioni documentate di esemplari selvatici si contano ancora sulle dita di una mano.
    Presupposti fondamentali per tentare la riproduzione sono:

    1. Un gruppo di esemplari adulti, sani e perfettamente acclimatati in acquario
    2. Una vasca abbastanza capiente da poter ospitare la coppia riproduttrice e dare asilo agli esemplari sottomessi
    3. Acqua estremamente tenera ed acida, con pH inferiore a 5 (meglio se 4) e conducibilità inferiore a 30 µs/cm, ottimamente ossigenata, rinnovata in ragione di almeno il 10% ogni giorno
    4. Temperatura fra i 30°C ed i 32°C
    5. Mangime vivo o congelato di ottima qualità

    Il resto, allo stato dell’arte, dipende ancora da una buona dose di fortuna.
    Alcuni allevatori sostengono che inserire in acquario una coppia di S. discus in corteggiamento sia da stimolo per Pt. altum, probabilmente grazie al rilascio di ormoni in acqua, ma non esistono prove certe a riguardo.

    Giunto il momento di riprodursi si osserva che la coppia si isola dagli altri esemplari, o meglio li relega in una angolo dell’acquario riservandone la gran parte per sé; a quel punto entrambi i genitori iniziano a ripulire una determinata zona, quasi sempre una superficie verticale che può essere un legno, una roccia o una grossa foglia di Echinodorus.
    Le papille genitali sono ora molto evidenti ed estroflesse ed è facile riconoscere il sesso degli esemplari.
    La deposizione ha luogo solitamente verso sera, con la femmina che depone circa 600 (fino a 1.000) piccole uova sferiche color perla in file ordinate strisciando con il ventre contro la superficie dal basso verso l’alto, lasciando poi spazio al maschio che ripete il medesimo movimento liberando lo sperma per fecondarle; il procedimento dura circa due ore.
    Nei giorni fra la deposizione e la schiusa la femmina non si allontana mai dalle uova nemmeno per nutrirsi, mentre il maschio difende con vigore il perimetro del territorio parandosi con aria minacciosa di fronte a chiunque dia segno di avvicinarsi, compreso il padrone dell’acquario.
    Una settimana dopo la deposizione, i genitori nuoteranno appaiati tenendo fra loro una nutrita nube di minuscoli avannotti, che dal momento in cui sono in grado di nuotare liberamente avranno assorbito il sacco vitellino ed inizieranno a nutrirsi voracemente.
    Gli avannotti vanno nutriti esclusivamente con cibo vivo minutissimo, solitamente costituito da naupli di artemia appena schiusi che devono essere somministrati dalle 4 alle 6 volte al giorno direttamente nella nuvola di avannotti, preferibilmente a filtro spento per massimizzarne la resa.
    Dopo la decima settimana gli avannotti mostrano la silouhette tipica della specie, con pinne molto sviluppate, un corpo fortemente allungato e le striature caratteristiche.
    Le cure parentali durano molto a lungo, con entrambi i genitori che si alternano nella sorveglianza della prole per quattro, fino a cinque mesi.

    Conclusione
    I Pterophyllum altum sono animali rari, molto costosi e delicati che richiedono infinita cura nella preparazione dell’acquario, nella gestione, nell’alimentazione.
    Il loro allevamento presenta oneri non trascurabili dovuti sia al notevole volume d’acqua e all’elevata temperatura di cui necessitano, sia all’esigenza di nutrirli quasi esclusivamente con cibo vivo o costoso mangime congelato.
    Allo stesso tempo però allevarli con successo costituisce ancora un punto di arrivo, potremmo a buon titolo definirli il Sacro Graal dell’acquariofilia dolce.
    Per quanto consentitomi dalla mia limitata esperienza, posso dire che quando mi siedo di fronte alla vasca e li osservo nuotare, tutti gli sforzi loro rivolti vengono ampiamente ricompensati e dimenticati.
    L’unico termine adatto a descriverli è, semplicemente, maestosi.