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  • Progettare e costruire un acquario marino di barriera - PARTE I

    Progettare e costruire un acquario marino di barriera

    Introduzione

    L’acquario marino di barriera si pone al vertice dell’acquariofilia per la sua bellezza e ricchezza di vita, ma anche per la complessità di realizzazione e gestione; non è quindi un hobby a cui accostarsi alla leggera e senza possedere adeguate nozioni di tecnica e biologia.
    Spesso chi si appresta ad allestire un acquario marino di barriera è già un acquariofilo più o meno navigato, tipicamente con esperienza di acquariofilia dolce; questo aiuta molto poiché le dinamiche generali di un sistema acquatico chiuso sono comuni, ma senza nulla togliere al fascino degli acquari dolci e all’abilità richiesta dalla loro conduzione, il gap tecnologico che separa un acquario dolce da una vasca reef è importante e richiede un minimo di lavoro preparatorio.
    Gli invertebrati marini sono infatti estremamente più esigenti dei pesci e richiedono valori di temperatura, salinità, inquinanti, luminosità e movimento d’acqua ben precisi e stabili per prosperare. Oltre a scegliere e dimensionare correttamente i diversi congegni tecnologici (vasca, sump, pompe, illuminazione, schiumatoio, reattori di calcio e/o zeolite, refrigeratore, etc.) è richiesta maggiore precisione nella preparazione dell’acqua e nel controllo dei suoi parametri essenziali (purezza, densità, alcalinità, contenuto di calcio, magnesio, inquinanti, oligoelementi).
    In questo articolo spiegheremo la tecnica che presiede al funzionamento dell’acquario, sconfinando brevissimamente nel campo biologico e solo per spiegare il perché sia da preferire una scelta tecnica ad un’altra.
    La prima cosa da decidere prima di partire con gli acquisti è la tipologia di acquario che desideriamo, ovvero se puntiamo ad un acquario gradevole e colorato che richieda una manutenzione moderata, oppure ad un acquario più impegnativo in cui allevare animali “difficili”, oppure ancora un acquario d’eccellenza, tecnicamente spinto e ad alta intensità di attenzione e manutenzione.
    La scelta della tipologia di acquario che vogliamo realizzare è fondamentale, poiché da essa discende la scelta dei dispositivi tecnologici con cui equipaggiarlo, il tempo che sarà necessario dedicarle e non ultimi i costi del suo mantenimento, che di norma crescono in modo esponenziale al crescere delle esigenze degli animali ospitati.
    Un’attenta pianificazione dell’allestimento e del metodo di gestione è essenziale per ottenere una vasca di successo e farla durare nel tempo; vediamo come fare e cosa considerare prima di fare acquisti.

    Componenti principali dell’ acquario marino di barriera


    L’immagine schematica di seguito illustra i componenti principali dell’acquario di barriera; non sono disegnate per comodità le tubazioni di carico e scarico e altri accessori, ne approfondiremo nel seguito le diverse tipologie.




    Scelta della vasca


    Il primo elemento che dobbiamo scegliere è la vasca, che deve essere adeguata rispetto al tipo e al numero di animali che vi verranno collocati, che deve rispondere ai canoni del metodo di gestione scelto, che deve essere compatibile con l’impianto di illuminazione installato e che dovrà armonizzarsi al contesto in cui verrà collocato l’acquario.
    L’ultimo punto non è influente per il successo e la salute dell’acquario, ma si riflette sulla qualità della vita dell’acquariofilo (che è anche figlio, compagno o marito) che generalmente, salvo pochissime fortunate oasi protette, deve sottostare ai vincoli imposti dalla controparte familiare pena l’accantonamento del progetto.
    Battute a parte, teniamo presente che la dimensione della vasca ha conseguenze dirette su due aspetti, ovvero il proprio peso e il volume d’acqua che evapora nell’ambiente.
    Il peso può essere un problema per chi abita i piani rialzati di un edificio, soprattutto se non è di recente costruzione, poichè collocare senza precauzioni un acquario che supera i 500-600 litri e la tonnellata di peso può creare problemi sia alla struttura del solaio, sia ai rapporti di buon vicinato. Chiedere un parere informale a un tecnico e informare i coinquilini è sempre consigliabile.
    L’evaporazione è un altro problema non trascurabile visto che nei mesi invernali una vasca da 300-400 litri perde per evaporazione dai cinque ai dieci litri al giorno, a seconda del differenziale di temperatura fra acqua e ambiente, pertanto se la stanza non viene regolarmente aerata o ventilata, la formazione di chiazze di muffa negli angoli fra pareti e soffitto è più di una possibilità.
    Dal punto di vista biologico invece, più grande è la vasca e meglio è.
    Avere un buon volume d’acqua aiuta a mantenere i parametri stabili e perdona eventuali errori di conduzione (troppo cibo somministrato accidentalmente, integrazioni imperfette, sovrappopolazione, errata regolazione di schiumatoio o reattori), al contrario allevare tanti animali in pochi litri è un esercizio continuo di equilibrismo che porta frequentemente a stress o a incidenti fatali per l’acquario.
    Anche il metodo di gestione scelto influisce sulla dimensione della vasca, in particolare gli amanti del letto di sabbia o DSB sceglieranno vasche mediamente più alte rispetto a chi utilizza la conduzione berlinese e arreda la vasca con sole rocce.
    Personalmente consiglio a chi voglia realizzare un acquario di barriera di una certa dimensione (dai 300 litri in su circa) di non acquistare acquari commerciali “chiavi in mano”, ma di assemblare il proprio gioiello un pezzo alla volta, ricorrendo ad artigiani o punti vendita specializzati.
    La vasca e il mobile su misura sono certamente più costosi dell’acquario completo prodotto in serie, ma alla lunga sono la scelta migliore.



    Acquario completo all-inclusive pronto al riempimento, è la soluzione entry-level migliore poiché le varie parti sono correttamente dimensionate ed assemblate fra loro.



    Vasca artigianale su misura realizzata incollando 5 vetri con apposito mastice siliconico

    Normalmente un acquario marino di barriera ha una lunghezza doppia rispetto alla larghezza e un’altezza di poco superiore alla larghezza.
    Dimensioni tipiche sono:
    90x60x60 (berlinese) 100x50x60 120x50x60
    120x60x70 160x60x60 160x80x60
    Queste dimensioni facilitano la scelta dell’impianto di illuminazione poiché sono multipli della lunghezza e della larghezza dei tubi neon T5, ancora molto usati nell’acquariofilia di barriera.
    Oltre queste dimensioni l’impianto di illuminazione va costruito su misura o va assemblato utilizzando moduli commerciali.
    Poi ci sono gli amanti delle vasche cubiche, molto gradevoli alla vista ma più problematiche da illuminare e gestire:
    50x50x50 60x60x60 90x90x70
    Il materiale migliore con cui realizzare una vasca di barriera rimane a mio avviso il vetro, con il quale si possono assemblare per incollaggio vasche prive di antiestetici tiranti usando solo 5 lastre e un buon collante.
    Il vetro comune (vetro float) è addizionato di ossido di ferro che serve a schermare i raggi UV e oltre un certo spessore (diciamo dai 12 mm in su) perde trasparenza e falsa i colori, facendogli assumere un riflesso azzurro-verdastro. Per ammirare i vostri pesci e coralli in tutto il loro splendore, è consigliabile impiegare il più costoso vetro extrachiaro, almeno per la realizzazione della lastra frontale.
    La colla migliore è quella siliconica nera, da preferire a quella trasparente perché non ingiallisce e non si colora a causa ad esempio della somministrazione di medicinali o additivi.
    I materiali sintetici come l’acrilico consentono di realizzare forme particolari, ad esempio acquari di forma irregolare o cilindrica e garantiscono una insuperabile trasparenza anche per spessori di lastra molto elevati, ma hanno lo svantaggio di graffiarsi con molta facilità e necessitano di tiranti che possono ostacolare la diffusione della luce.
    La mia esperienza è che i possessori di vasche in vetro che passano all’acrilico tornano invariabilmente sui propri passi quando acquistano la vasca successiva, raramente ho notato il contrario.





    A sinistra una vasca in vetro, a destra una realizzata in materiale acrilico, più trasparente ma che necessita degli antiestetici tiranti perimetrali sui bordi.

    Il passo successivo, una volta determinati la dimensione ed il materiale della vasca, è la scelta del tipo di scarico, che può essere essenzialmente di tre tipi, ovvero uno scarico con pozzetto di tracimazione interno alla vasca, un tracimatore esterno, oppure uno scarico ottenuto forando la lastra posteriore della vasca ed inserendovi due passaparete, uno per la mandata e uno per lo scarico oppure un sistema di scarico combinato commerciale






    In alto uno scarico commerciale pronto da montare,
    in basso uno scarico realizzato artigianalmente con raccordi in PVC ad incollaggio.


    Lo scarico a pozzetto interno è una soluzione datata e, sebbene funzioni egregiamente, viene sempre meno usato poiché è antiestetico e occupa molto volume in acquario.
    Lo scarico con tracimatore esterno è utilizzato prevalentemente in acquari di grandi e grandissime dimensioni dotati di vano tecnico separato dall’ambiente principale, poiché comporta un ingombro esterno al parallelepipedo dell’acquario e spesso risulta rumoroso.









    In alto un tracimatore da appoggio a bordo vasca, da usare in caso si preferisca non forare l’acquario, al centro un pozzetto classico realizzato in acrilico e a in basso un tracimatore con overfflow box esterno.

    Scelta del supporto

    Il supporto per la vasca può essere realizzato con diversi materiali, finiture e forme e deve rispondere fondamentalmente a due esigenze: essere sufficientemente robusto per reggere il peso della vasca piena e garantire accessibilità alle attrezzature tecniche.
    Il mercato propone numerosi modelli e versioni in legno, in alluminio, in acciaio e prodotti che combinano diversi materiali in modo da affiancare la robustezza del metallo alle pannellature esterne in legno o in vetro che non fanno sfigurare il supporto nel contesto domestico.
    Personalmente adoro il bricolage e amo progettare e realizzare in proprio i supporti dei miei acquari, risparmiando anche cospicue somme di denaro, ovviamente però la realizzazione casalinga è meno rifinita del mobile acquistato da un artigiano o da una casa produttrice specializzata.
    Un vantaggio del mobile autocostruito è che viene progettato e realizzato specificamente per il suo acquario, quindi risulta più pratico da utilizzare; solo a titolo di esempio, il mobile da me realizzato mi consente di alloggiare una sump (vasca di filtraggio) enorme e di accedervi da tutti e quattro i lati, rimuovendo con un semplice gesto i pannelli in legno di copertura.
    Quando acquistate o realizzate un mobile, accertatevi che abbia gli appositi fori per il passaggio dei tubi di mandata e di scarico e per i cavi elettrici nonchè una adeguata sezione di ventilazione per evitare il ristagno di umidità e la formazione di condensa e garantire costante afflusso di aria fresca per lo schiumatoio.
    L’acqua salata è quanto di più corrosivo esista, quindi i supporti per l’acquario marino vanno realizzati in acciaio inossidabile a prova di nebbia salina, oppure in alluminio o in legno compensato marino impregnato.
    Un supporto con intelaiatura in ferro va protetto con adatta verniciatura anticorrosione o con zincatura (o con entrambi); un supporto in legno deve essere trattato con vernici apposite per impedire che assorba umidità.






    In alto un telaio su misura in acciaio elettrosaldato, predisposto per la pannellatura esterna.
    In basso un mobile commerciale in legno di ottima fattura.


    La sump

    La sump è una vasca in vetro o in materiale plastico (PVC, acrilico, forex) che viene solitamente posizionata all’interno del supporto, sotto la vasca principale ed è la “sala macchine” dell’acquario che alloggia la tecnica preposta alla circolazione, alla filtrazione, alla regolazione dei parametri chimico/fisici dell’acqua.
    La sump può essere semplicemente una vasca rettangolare oppure essere suddivisa in più scomparti, a seconda delle dimensioni dell’acquario e della tecnica impiegata.
    In sump troveremo sempre una pompa di risalita, un riscaldatore e un sistema per il reintegro dell’acqua evaporata (necessario per mantenere la corretta salinità, oltre al livello minimo di funzionamento).
    Avremo poi quasi sempre uno schiumatoio di proteine e un reattore di calcio o altro dispositivo per il reintegro dell’alcalinità e dei carbonati necessari al mantenimento dei coralli.
    La suddivisione della sump in vani serve a creare una separazione fra una zona a livello costante in cui alloggiare principalmente lo schiumatoio ed il riscaldatore e una zona a livello variabile dove posizionare il galleggiante per il ripristino dell’evaporato e la pompa di risalita. Lo scomparto a livello costante non è imperativo, ma è utile per tarare e far lavorare al meglio lo schiumatoio di proteine.
    In sump possiamo realizzare anche scomparti deputati a particolari sistemi di filtrazione, ad esempio vani colmi di rocce vive (scomparto criptico), scomparti contenenti letti di sabbia (DSB remoto) o scomparti illuminati contenenti essenzialmente macroalghe o altri organismi fotosintetici.






    Dall'alto: la sump nella sua versione più semplice, ovvero un unico scomparto che alloggia lo skimmer e la vasca di rabbocco,
    una sump ampia con un vano criptico pieno di rocce,
    una sump con refugium ad alghe (Chetomorpha)
    e una sump che arriva direttamente dall’astronave Enterprise.



    FINE PRIMA PARTE