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  • Amakusaplana acroporae II

    Amakusaplana acroporae II
    Un parassita tremendamente efficace, ma non invincibile



    Nella prima parte dell’articolo abbiamo analizzato la struttura fisica, il comportamento alimentare, il meccanismo riproduttivo di Amakusaplana acroporae, la turbellaria delle acropore; ora vediamo nel dettaglio quali armi abbiamo a disposizione per contrastare la diffusione del parassita e per cercare di eradicarlo definitivamente dai nostri acquari.

    Prevenzione e quarantena
    So che è inutile ripeterlo, perché se leggete questo articolo molto probabilmente in vasca le turbellarie già le avete, ma non posso esimermi dal ricordarvi che l’arma più potente che abbiamo a disposizione per tenere le turbellarie fuori dai nostri acquari è la prevenzione!
    La prevenzione può essere messa in atto in diversi modi, sia sui singoli animali man mano che vogliamo inserirli, sia sull’acquario nel suo complesso, sia in forme intermedie che prevedono la quarantena.



    Fig. 1 Un semplice quanto inestimabile acquario di quarantena ove ospitare le talee di acropora prima dell’immissione nell’acquario principale


    Quando allestiamo un nuovo acquario acquistiamo per prima cosa le rocce vive che ne costituiscono il cuore biologico e che, siano esse appena arrivate dal mare oppure recuperate da una vasca in via di dismissione, recano con sé una grande varietà di organismi di diverse dimensioni.
    Le rocce vive, come tutti ben sapete, sono il veicolo con cui organismi indesiderati come anemoni, crostacei, vermi indesiderati arrivano in acquario; nel caso delle turbellarie è molto facile trasmettere l’infestazione alla nuova vasca se riutilizziamo rocce provenienti da un altro acquario, che magari portano ancora qualche rimasuglio di tessuto corallino che veicola il parassita o le sue uova.
    E’ fortunatamente molto semplice e rapido, in caso di inserimento involontario di turbellarie con le rocce durante l’allestimento, eliminarle completamente.
    Nella prima parte dell’articolo abbiamo visto infatti come, private del corallo ospite, le turbellarie non sopravvivano più di 5/7 giorni, a seconda della temperatura.
    Prima di inserire le rocce in acquario dobbiamo solo avere l’accortezza di eliminare qualsiasi traccia di tessuto appartenente ad un’acropora, sia anche la base sbiancata ed incrostata di un vecchio corallo; in tal modo saremo certi di evitare che qualche capsula ovarica arrivi integra in vasca (le turbellarie depongono SOLO sul tessuto morto del corallo ospite).



    Fig. 2 Rocce riciclate da un acquario dismesso; i residui di corallo come quello evidenziato vanno eliminati.


    Dopo questo esame preliminare, inseriamo quindi tranquillamente in acquario le rocce, avviamo il tutto e ci basterà attendere una decina di giorni per avere la certezza che tutte le turbellarie eventualmente presenti siano morte.
    Se siamo terrorizzati dal parassita e temiamo che comunque qualche uovo possa essere passato, basta attendere 25 giorni (il tempo massimo di schiusa) + altri 10 senza inserire acropore e saremo ultrasicuri di avviare un acquario turbellaria-free.

    Bagnetti preventivi
    Passato il periodo di maturazione, arriva il momento di inserire i primi coralli e con essi potrebbero arrivare degli autostoppisti indesiderati.
    Esistono molti preparati commerciali in grado di eliminare le turbellarie dagli animali, alcuni di essi sono efficaci ma nuocciono alle acropore, alcuni ne causano la perdita di colore, alcuni ancora promettono ma non mantengono… quindi è il caso di fare un po’ di chiarezza.

    I prodotti a base di levamisolo e di praziquantel, se usati seguendo pedissequamente le istruzioni per un bagno breve, garantiscono la morte dei parassiti adulti ma non delle uova.
    Solitamente si scioglie la dose consigliata di prodotto in acqua presa dall’acquario, vi si immerge l’animale per un tempo che va dai 30 secondi a qualche minuto e lo si scuote di tanto in tanto piuttosto energicamente per scrollare i parassiti storditi e morenti.

    Il Flatworm exit di Salifert è inefficace contro le turbellarie; esperimenti condotti da hobbisti di oltreoceano hanno dimostrato che il prodotto uccide le turbellarie solo a concentrazioni 30 volte superiori a quelle indicate in etichetta contro le planarie e non intacca assolutamente le uova.

    Il Flatworm stop di KZ non uccide né stordisce le turbellarie, ma può essere usato come coadiuvante per rinforzare le difese naturali delle acropore, in particolare stimola i coralli ad ispessire lo strato di muco protettivo, creando qualche difficoltà alla penetrazione del parassita fino al tessuto.

    Nessun prodotto reef-safe intacca le capsule ovariche o uccide gli embrioni in esse contenuti.

    Per eliminare le uova è necessario esaminare attentamente, magari con l’aiuto di una buona lente di ingrandimento, la base del corallo alla ricerca di parti di scheletro scoperte su cui possono trovarsi delle capsule ovariche.
    In caso rinvenissimo delle uova, si può intervenire spazzolando energicamente la parte con uno spazzolino da denti fino a rimuoverle completamente, oppure tagliare il corallo al di sopra della parte sbiancata e buttarla con tutte le uova.



    Fig. 3 Le capsule ovariche alla base di una talea vanno rimosse meccanicamente con una lametta o uno spazzolino


    In caso di talee su basetta è sempre consigliabile gettare la basetta prima di mettere il corallo in vasca, anche se non si ravvisa alcun segno di infestazione.





    Fig. 4
    In alto una talea sana, colorata e con polipi estroflessi
    In basso una talea da non inserire in vasca, mostra infatti evidenti segni di morsi



    I bagnetti in acqua osmotica o in acqua della vasca con aggiunta di iodio (Betadine, Reef dip, Coral dip e simili) stordiscono i parassiti che si staccano dall’ospite, ma non li uccidono.

    Precauzione indispensabile per l’uso dell’acqua osmotica (shock osmotico) è conoscere il grado di tolleranza del corallo che si vuole trattare… esistono animali che ben sopportano questo trattamento d’urto e altri che invece muoiono in pochi secondi.
    Per la mia esperienza gli animali che meglio sopportano lo shock osmotico sono le A. millepora, A. humilis, A. gemmifera e in generale le acropore che producono abbondante muco.
    Le acropore di profondità come la A.lokani o la A. caroliniana vengono uccise da fulmineo RTN se immerse in acqua dolce.
    Se l’animale in nostro possesso lo consente, va immerso a testa in giù in acqua osmotica (o in acqua a ridotta salinità 50% dolce e 50% dalla vasca) alla stessa temperatura dell’acquario e scrollato vigorosamente per 15, max 30 secondi, poi rimesso velocemente in acqua di mare.
    Durante il bagnetto se i parassiti sono presenti, li vedremo staccarsi dopo pochi istanti e depositarsi sul fondo del recipiente.
    Il metodo funziona, ma stressa pesantemente il corallo.



    Fig. 5 Dopo il bagnetto in acqua osmotica, sul fondo del recipiente potrete vedere con estrema soddisfazione i parassiti ormai morti



    Se si usa acqua dell’acquario con l’aggiunta di 2ml di Betadine per litro si ottiene un risultato analogo, ma l’unica conseguenza per il corallo è una pesante perdita di colore; l’animale estratto dal bagno di betadine diventa invariabilmente marrone, ma subisce uno stress decisamente più lieve rispetto a quello provocato dallo shock osmotico.
    Anche in questo caso è sempre buona norma eliminare la basetta ed esaminare la base del corallo alla ricerca di uova.

    Rimozione biologica
    Un altro metodo per eliminare i parassiti prima dell’introduzione in acquario consiste nell’allestire una piccola vasca di quarantena in cui saranno ospitati dei gamberetti Rhyncocinetes uritai, abilissimi a scovare le turbellarie, di cui si ciberanno fino all’ultimo esemplare.
    Per una colonia di acropora di medie dimensioni bastano 3-4 gamberi per un trattamento che dura circa 30 minuti.
    Se si opta per questa tecnica, bisogna osservare il comportamento dei crostacei poiché, una volta finito di banchettare con eventuali parassiti, potrebbero iniziare a divorare i polipi corallini.



    Fig. 6 Rhyncocinetes uritai


    Inserire i Rhyncocinetes direttamente in acquario non sortisce invece alcun risultato, poiché questi voraci gamberi trovano molte altre fonti di cibo che preferiscono alle turbellarie, che non verrebbero degnate di uno sguardo.

    Altri animali che si nutrono di turbellarie e che quindi potrebbero dimostrarsi efficaci se ospitati in vasca di quarantena sono i Synchiropus (splendidus, marmoratus, ocellatus, picturatus), i labridi della famiglia degli Halichoeres e dei Thalassoma, il Labroides dimidiatus, lo Pseudocheilinus hexataenia, alcune Crysiptera.













    Fig. 7 Dall’alto Halichoeres crysus, Halichoeres iridis, Halichoeres chloropterus, Crysiptera springeri, Synchiropus splendidus, Pseudocheilunus hexataenia


    Riconoscimento dell’infestazione
    Il primo passo per risolvere un problema è riconoscere di averlo, nel caso di una infestazione di turbellarie questo vecchio adagio è assolutamente appropriato.
    Le turbellarie delle acropore sono infatti mimetizzate mostruosamente bene, si muovono solo al buio e stazionano di preferenza nelle parti ombreggiate e nascoste dei coralli.
    Esistono diverse modalità per individuare un corallo infestato, che non necessariamente comprendono l’individuazione del parassita, estremamente diffidente e molto sfuggente.

    I sintomi dell’infestazione del corallo sono:

    1. Perdita di brillantezza dei colori, che virano verso il marrone
    2. Scarsa estroflessione dei polipi
    3. Presenza di macchie bianche del diametro di pochi millimetri, soprattutto alla base e nella parte inferiore dei rami
    4. Tiraggio del tessuto, che scopre lo scheletro alla base dell’animale o in corrispondenza di biforcazioni dei rami
    5. Chiazze di capsule ovariche di colore ambrato nelle zone di scheletro scoperto
    6. (scoperta recente) perdita della fluorescenza del tessuto illuminato con luce blu vicina all’ultravioletto


    Il sintomo più precoce è l’ultimo, scoperto molto recentemente grazie all’uso sempre più comune dell’illuminazione led nelle tonalità royal blue e ultravioletto (lunghezze d’onda intorno ai 400 nanometri); le turbellarie infatti ingeriscono le zooxanthelle responsabili della fluorescenza per camuffarsi e gli spot che non riflettono la luce sono quelli in cui il parassita è presente.
    Successivamente il corallo perde colore e ritrae i polipi.
    Il sintomo è più evidente in talee e colonie di piccole dimensioni ove tutto l’animale è infestato, mentre in colonie grandi è possibile che la base sia massacrata dalle turbellarie mentre la chioma e gli apici dei rami continuino a mostrare colorazione e piena salute.



    Fig. 8 Acropora hyacinthus apparentemente sana e in crescita, la cui base purtroppo è infestata dalle turbellarie (parte più chiara in alto a sx)


    Le infestazioni in colonie grandi sono estremamente difficili da individuare a ancor più da debellare, tanto che spessissimo si rende necessario spezzarle in più parti ed eliminare intere porzioni dell’animale per avere ragione dei parassiti.

    Strategia integrata di attacco alle turbellarie
    Ok, è successo… siamo stati degli sprovveduti ad accettare quella splendida talea in regalo, staccata e regalataci dalla vasca di un caro amico, oppure ci siamo fidati del negozio rinomato (che magari era in buona fede e non immaginava di avere in vendita un animale infestato), oppure ancora siamo stati semplicemente un po’ sf…ortunati e abbiamo la vasca impestata di vermi mangia-acropore.
    Che fare per liberarcene, o quantomeno per impedire che facciano danni?!?

    Gli strumenti a nostra disposizione sono diversi e, anche se sfortunatamente non esiste ancora l’arma definitiva per debellare un’invasione in atto, possiamo contrastare le bestiacce ed impedire che arrivino ad uccidere anche solo una singola talea.
    Preparatevi, perché la lotta sarà lunga e senza esclusione di colpi e richiederà inflessibile costanza e perseveranza negli interventi.

    Vediamo in primo luogo di ricapitolare quali sono i punti deboli delle turbellarie:

    1. Se allontanate dall’ospite possono sopravvivere al massimo 7 giorni
    2. Se allontanate dall’ospite sono un boccone gradito per molti pesci e crostacei
    3. Sono vulnerabili se vengono individuate, sia sull’ospite e ancor più lontano da esso
    4. Con l’abbassarsi della temperatura il loro ritmo metabolico e riproduttivo rallenta
    5. Sono in grado di superare la barriera di muco corallino, ma non senza sforzo
    6. Attaccano di preferenza un ridotto numero di specie di acropora
    7. Attaccano di preferenza animali stressati e/o sofferenti


    In risposta a queste vulnerabilità possiamo mettere in campo un discreto arsenale che, se viene organizzato in una strategia coerente e a medio/lungo termine, conduce in molti casi alla completa eradicazione del parassita e, in casi più difficili, consente di mantenere una “tregua asintomatica”, in cui le turbellarie sono presenti in acquario, ma non in numero sufficiente per causare danni visibili:

    1. FONDAMENTALE: mantenimento a lungo termine di valori stabili ed ottimali
    2. Abbassamento della temperatura intorno ai 23°C
    3. Inserimento di animali antagonisti di diverso tipo ed abitudini alimentari
    4. Utilizzo di prodotti atti ad aumentare le difese naturali dei coralli (complessi di aminoacidi, immunostimolanti, stimolatori della produzione di muco)
    5. Selezione fra le specie allevate ed eventuale allontanamento temporaneo delle specie più soggette (A. efflorescens è un noto portatore, A.valida è l’ospite preferito)
    6. Rimozione meccanica e idraulica dei parassiti dal corallo


    Il primo step della strategia, ovvero il mantenimento a livelli ottimali di densità, inquinanti e triade (NO3, PO4, Ca, Mg, alcalinità), è di immediata esecuzione e costituisce il presupposto fondamentale sia per il mantenimento in buona salute degli animali sani, sia per il veloce recupero di quelli colpiti.
    Il mio consiglio è di sospendere l’uso di integratori e additivi chimici non indispensabili… “tirare” i coralli in questo momento non avrebbe senso e ne pregiudicherebbe il recupero.

    Ove possibile la temperatura va abbassata intorno ai 23°C, che è un livello “di sicurezza” per tutti gli organismi ospitati in acquario e che consente di abbassare il ritmo riproduttivo delle turbellarie; a 28°C i coralli iniziano ad andare in stress e gli embrioni di turbellaria impiegano 5 giorni dalla deposizione alla schiusa, mentre a 23°C servono circa 24 giorni e anche il ritmo di crescita e il metabolismo degli esemplari adulti rallentano considerevolmente.
    Temperatura più bassa significa quindi turbellarie meno vispe, minor numero di morsi e di uova, minore tasso di crescita della popolazione di parassiti.

    Inseriremo poi un buon numero di antagonisti naturali, che andranno ad occupare diverse nicchie alimentari all’interno della vasca:

    Halichoeres crysus si nutre di planarie e vermi piatti di piccole dimensioni sia dai vetri, che dalle rocce
    Halichoeres iridis è un temibile predatore bentonico, purtroppo incompatibile con il DSB
    Halichoeres chloropterus è un predatore specializzato in vermi piatti, da adulto può attaccare le tridacne e i coralli molli
    Halichoeres melanurus è un altro mangiatore di vermi piatti, cresce però parecchio
    Synchiropus splendidus si nutre di benthos che scova fra le rocce
    Synchiropus marmoratus è più efficace dello splendidus nel predare i vermi piatti e si sposta spesso anche sulla sabbia e sui vetri
    Synchiropus picturatus è l’unico pesce che abbia visto catturare le turbellarie direttamente sul corallo ospite, purtroppo è molto piccolo e schivo
    Pseudocheilinus Hexataenia è un predatore molto efficace che stazione sulle rocce
    Labroides dimidiatus è molto selettivo e cattura solo prede di pochi millimetri
    Chrysiptera springeri cattura al volo le turbellarie che vengono staccate dall’ospite e, vivendo l’intera esistenza fra i rami del corallo, pare riesca a staccarne i parassiti dalla base fra la schiusa e il loro insediamento, ha inoltre il pregio di poter essere inserito in gruppi numerosi senza contraccolpi per la vasca

    Inizieremo poi il trattamento meccanico dei coralli, da scegliere a seconda della gravità dell’infestazione, della dimensione dell’animale e del suo stato di salute.

    Se abbiamo a che fare con una colonia di medie dimensioni che può essere staccata dalla rocciata senza problemi, la estrarremo ed elimineremo con una spazzola o una lametta tutte le uova raggiungibili, metteremo la colonia in un recipiente pieno d’acqua dell’acquario e soffieremo via gli animali adulti con una pompa o con una siringa da cucina, per poi rimetterlo in vasca.
    Esistono prodotti commerciali che contengono blandi disinfettanti e complessi vitaminici che aiutano l’animale a riprendersi, non cito i nomi commerciali perché sono troppi e di efficacia non sempre garantita… se ne avete a disposizione usateli, ma solo se siete certi della loro efficacia.
    L’eliminazione del maggior numero di parassiti darà di per sé un immediato sollievo all’animale e l’occasione di rimettersi in forze prima che essi ritornino.

    Se abbiamo di fronte una colonia grande e non asportabile perché cementata alla roccia, cercheremo di soffiar via il maggior numero di parassiti utilizzando una pompa da 2000/3000 litri/ora su cui monteremo un ugello per concentrare il flusso; vedremo i parassiti staccarsi e volare via in gran numero (vi assicuro che rimarrete stupiti da quanti vermi ci sono su certi coralli e di quanto grossi siano).




    Per talee o coralli piccoli è più semplice utilizzare una siringa da cucina, in modo da non creare troppa confusione in acquario e da dirigere il getto con maggiore precisione.




    Le turbellarie che si staccano dal corallo saranno catturate dai pesci antagonisti, oppure (ove la morfologia della vasca lo consenta) pescate con un retino a maglia fine, facendo attenzione a non frammentare i parassiti, poiché da ogni frammento si originerà un nuovo adulto completo.

    Il trattamento di rimozione meccanica fuori vasca va effettuato una sola volta per alleviare istantaneamente l’animale dal carico di parassiti; è meglio non ripeterlo poiché anche il corallo si stressa notevolmente!
    Il trattamento di soffiatura con la pompa o con la siringa da cucina va invece ripetuto per almeno cinque volte a giorni alterni, poi diradato a un giorno su tre per almeno altre due settimane.
    Il trattamento di soffiatura verrà continuato almeno per i sei mesi successivi, diradandolo ad una volta ogni settimana o addirittura una volta ogni 10 giorni a seconda del numero di parassiti che si staccheranno e dell’evoluzione dello stato di salute degli animali.
    Ad ogni soffiatura infatti il numero di parassiti che si staccano e svolazzano diminuisce esponenzialmente e, se avremo eseguito l’operazione nel modo giusto, potremo apprezzare rapidi e visibili miglioramenti nello stato di salute delle colonie trattate.

    Conclusione
    La chiave del successo è racchiusa in un mix fatto di osservazione e riconoscimento precoce del parassita, di perseveranza e uso di più armi contemporaneamente.
    Ricordiamoci sempre che le cose buone in acquariofilia richiedono molto tempo e le cose cattive succedono quasi istantaneamente, quindi la pazienza dovrà essere nostra compagna di lotta.
    Manteniamo in ordine i valori per avere coralli sempre in salute, interveniamo immediatamente all’insorgere dell’infestazione prima che il parassita dilaghi, rallentiamo il ritmo riproduttivo delle turbellarie mantenendo bassa la temperatura, riduciamone drasticamente il numero con le soffiature, controlliamone gli eventuali spostamenti da una colonia all’altra con gli animali antagonisti, eliminiamo potenziali focolai di infestazione togliendo alcune specie di acropora notoriamente molto sensibili e manteniamo sempre alta la guardia.

    Ovviamente, rimaniamo in trepida attesa che la scienza ci consegni presto l’arma definitiva.