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  • Guida REEFBASTARDS per l’allevamento dei ROTIFERI - I° parte

    Introduzione:
    In questo articolo parleremo dei Rotiferi (Brachionus plicatilis) (fig.1), nella prima parte dell’articolo cercheremo di conoscere un po’ meglio questo organismo parlando un po’ della sua storia e biologia, nella seconda parte ci occuperemo principalmente del suo allevamento per impiego acquariofilo. Il tutto naturalmente verrà trattato in maniera sintetica ma più soddisfacente possibile in stile REEFBASTARDS.


    Fig. (1) Brachionus plicatilis

    La storia dei rotiferi in breve:
    Per più di un secolo prima degli anni ‘60, i rotiferi sono stati considerati animali dannosi per i pesci, venivano considerati organismi infestanti, molti biologi avevano studiato come prevenire la loro crescita nelle vasche grazie all’utilizzo di alcuni disinfettanti. Successivamente dei ricercatori giapponesi hanno intuito che questi organismi, invece, potevano essere raccolti e utilizzati per l’alimentazione delle larve, aprendo così la via per l’allevamento di numerose specie ittiche. Da allora l’immagine del rotifero è profondamente cambiata, rappresentando oggi uno degli alimenti indispensabili per lo svezzamento di molti degli animali acquatici allevati. Il successo della coltura dei rotiferi è dovuto a molteplici aspetti: la loro natura planctonica, la loro tolleranza ai cambiamenti ambientali ed il loro rateo di riproduzione (una media di 0,7-1,4 nuovi rotiferi per ogni femmina al giorno). Inoltre, la loro piccola taglia e scarsa velocità di nuoto, li rende delle prede ideali per le larve di pesce che hanno già esaurito il contenuto del loro sacco vitellino, ma che hanno delle dimensioni boccali ancora troppo limitate per poter ingerire i naupli di Artemia.
    Il grande potenziale delle colture di rotiferi è dato dalla possibilità di allevare questi organismi in colture ad altissime densità (fino a 2000 animali per ml). Anche a tali densità, i rotiferi riescono a riprodursi velocemente e ciò permette di produrre grandi quantità di cibo vivo in pochissimo tempo. Infine, grazie alla loro natura di animali filtratori, è possibile arricchire il loro corpo con i nutrienti necessari alle larve predatrici.

    Cenni di tassonomia:
    Il phylum Rotifera, del sottoregno dei Metazoi, è rappresentato da un piccolo gruppo di microscopici invertebrati, privi di metameria, a simmetria bilaterale e pseudocelomati (Nogrady, 1992) costituito da 3 classi (Seisonidea, Bdelloideae e Monogononta), 120 generi e approssimativamente 2.000 specie delle quali solo una cinquantina sono esclusivamente marine. In verità solo poche specie di rotiferi che appartengono al genere Brachionus (classe Monogonta, ordine Ploimidia, famiglia Brachionidae) sono usate in acquacoltura e in acquariofilia:
    - B. plicatilis e B rotundiformis (rispettivamente chiamati large o L di 130-340 µm e small o S di 100-210 µm), allevati in acqua salata;
    - B. calyciflorus e B. rubens, allevati in acqua dolce.
    Inoltre sono stati isolati, dalle popolazioni naturali, rotiferi piccolissimi da impiegarsi nell’allevamento di specie ittiche le cui larve hanno dimensioni della bocca molto ridotte. Le specie di questi rotiferi sono state denominate in relazione alle aree geografiche in cui sono state isolate come ad esempio Thai, Fiji e Okinawa e sono noti nel loro insieme come ceppo super small o SS (Dhert, 1996).

    Caratteristiche biologiche e anatomiche:
    Il Brachionus plicatilis presenta una lunghezza che va dai 100 ai 340 µm ed è formato approssimativamente da 1.000 cellule che nell’adulto diventano sinciziali. L’epidermide presenta un involucro denso di proteine come la cheratina detto "lorica", che termina alla sua estremità con sei spine occipitali. La struttura del corpo (fig. 2) è divisa in tre parti: testa, tronco e piede. La testa porta l’organo rotatorio o corona, composta di due bande ciliate dette il trochus e il cingulum. Le bande sono disposte come due organi ciliari a forma di ruota da cui deriva il nome del phylum (Rotatoria o Rotifera = "che porta una ruota"). La corona retrattile permette la locomozione e un movimento a mulinello nell’acqua che facilita l’assunzione di piccole particelle di cibo.
    Il tronco presenta, al suo interno, uno spazio pseudocelomatico in cui sono sospesi muscoli e nervi oltre ai sistemi digestivo, riproduttivo e protonefridiale. I sistemi respiratorio e circolatorio sono assenti. Un organo tipico dei rotiferi è il faringe muscolare detto mastax. Il cibo, dopo essere stato catturato dalla corona, viene introdotto nell’apertura della bocca e, passando attraverso una sorta di tubo corto ciliato, viene introdotto nel mastax. Quest’organo, cui giungono le secrezioni di ghiandole salivari, ha un rivestimento indurito all’interno ed è formato da un insieme di mascelle chitinose, chiamate trophi, munite di dentelli. Il piede, sito all’estremità inferiore del tronco, è una struttura mobile a forma di anello non segmentato che viene retratta durante il movimento e che termina con due dita.
    Il Brachionus plicatilis si muove nuotando o strisciando mentre altre specie sessili sono permanentemente attaccate a piante acquatiche. La loro dieta naturale include diversi tipi di microalghe, detriti organici e lieviti, e comunque prevalentemente cellule dal diametro uguale o inferiore a 20 mm.


    Fig. (2) Morfologia di maschio e femmina di rotifero, Brachionus plicatilis (Koste, 1980)

    Esistono nel mondo diversi ceppi che prendono il nome dal paese di origine e che mostrano differenze sia in ordine alle dimensioni che alla temperatura ottimale di crescita (fig. 3).


    Fig. (3) Ceppi di Brachionus plicatilis

    Ciclo vitale e riproduzione:
    La durata di vita dei rotiferi è stimata tra i 4 e i 7 giorni con temperatura dell’acqua intorno a 25°C. Col crescere della temperatura, all’interno del range di sopravvivenza, la vita diviene più breve a causa dell’aumentato metabolismo.
    Il ciclo vitale del Brachionus plicatilis si spiega con due modelli di riproduzione (fig. 4):
    - la partenogenesi, quella più comune.
    - la riproduzione sessuata che può avvenire allo stato selvatico in particolari condizioni ambientali.
    Per quanto riguarda la partenogenesi, la femmina detta "amittica" produce uova "amittiche" cioè uova diploidi (2n cromosomi) le quali, una volta mature danno origine ad altre femmine "amittiche". Queste uova vengono prodotte approssimativamente ogni 4 ore e rappresentano la modalità più classica per riprodursi. In natura, in base a specifiche condizioni ambientali, le femmine che normalmente si riproducono per partenogenesi possono passare ad una riproduzione sessuale più complicata, dividendosi in femmine "amittiche" e "mittiche". Sebbene non siano distinguibili morfologicamente, la femmina "mittica" produce uova aploidi (n cromosomi). Queste uova aploidi, a seconda che vengano fecondate o meno, seguono due destini differenti:
    - se non vengono fecondate danno origine a maschi aploidi;
    - se vengono fecondate aumentano di dimensione e si rivestono di un involucro esterno granulare e denso prendendo il nome di cisti.
    Per quanto riguarda i maschi, questi hanno dimensioni pari ad un quarto di quelle delle femmine; non hanno né il tratto digestivo né la vescica e possiedono un solo testicolo sovradimensionato in cui normalmente sono presenti circa 50 spermatozoi maturi. Le cisti, di forma ovoidale o sferica, hanno dimensioni di 100-170 mm e sono rivestite di materiale chitinoso. Contengono un embrione che si trova in una condizione di vita latente chiamata diapausa. In seguito a particolari condizioni ambientali, le cisti si schiudono, dando origine a nuove femmine con corredo cromosomico diploide. Sebbene il meccanismo non sia stato del tutto chiarito, si ritiene che la riproduzione sessuata, e quindi di uova cistiche, sia una strategia della popolazione per sopravvivere a particolari condizioni ambientali sfavorevoli. Ad esempio le basse temperature, la scarsità di cibo e la densità della popolazione vengono spesso indicati come fattori per la comparsa delle femmine mittiche di B. plicatilis (Gilbert, 1977; Pourriot e Snell, 1983; Snell e Boyer, 1988). Anche i fattori genetici sembrano giocare un importante ruolo nel determinare la sensibilità di una specie agli stimoli che determinano la presenza delle femmine mittiche (Lubzens e coll., 1985; Snell e Hoff, 1985). Prima che le cisti schiudano deve trascorrere un certo periodo di tempo, variabile da 30 a 200 giorni (Nipkow, 1961). Dopo questo periodo, la schiusa può avvenire come conseguenza di stimoli ben definiti e tendenzialmente di segno opposto alle condizioni che ne hanno determinato la formazione. In particolare le cisti schiudono con l’aumentare della luce e della temperatura fino 14-22°C nonché con la diminuzione della salinità fino a 12-16‰ (Pourriot, 1990).


    Fig. (4) ciclo vitale del rotifero (Hoff and Snell, 1987)

    Condizioni generali di coltura:
    - Temperatura: La temperatura ottimale per l’allevamento dei rotiferi dipende dalla specie che si intende allevare: ad esempio per il B. plicatilis è di 25°C (Lubzens e coll., 1985) mentre Hirayama e Rumengan (1993) sostengono per il B. rotundiformis la necessità di temperature più alte. Allevare rotiferi al di sotto della temperatura ottimale fa ridurre considerevolmente il rateo di crescita della popolazione. La tabella seguente (Fig. 5) mostra gli effetti della temperatura sulla riproduzione dei rotiferi: aumentando la temperatura fino alla quota ottimale si ottiene un incremento nell’attività di riproduzione, a condizione però che si aumenti anche la razione giornaliera di cibo, poiché l’elevato livello metabolico che si raggiunge determina un consumo molto più veloce delle loro riserve energetiche (Dhert, 1996). Tuttavia il mantenimento di alte temperature fa aumentare i costi e inoltre rende necessaria una più frequente alimentazione. Ciò è essenziale per evitare periodi di sovra/sotto-alimentazione o di digiuno: ad alte temperature gli animali affamati consumeranno le loro riserve di lipidi e carboidrati molto velocemente, pertanto è preferibile versare in vasca poche quantità di cibo (per mantenere una buona qualità dell'acqua) con somministrazioni frequenti.


    Fig. (5) effetti della temperatura sui rotiferi

    - Salinità: Il Brachionus plicatilis vive in acque con livelli di salinità variabile da 1,8 a 36‰ e per questo è incluso tra le specie eurialine. È comunque noto per la sua tollerabilità a naturali variazioni di salinità, da 1 a 97‰ (Walker, 1981), anche se ciò modifica il suo indice di riproduzione (Ito, 1960; Pascual e Yúfera, 1983; Lubzens e coll., 1985). Infatti una riproduzione ottimale avviene solo ad una salinità inferiore a 35‰ (Lubzens, 1987). Inoltre il livello dell’attività filtrante si riduce con alta salinità (Hirayama e Ogawa, 1972) e questo può anche portare ad un abbassamento nel tasso di riproduzione. Poiché in allevamento i rotiferi vengono trasferiti velocemente da un ambiente all’altro, si rimarca la necessità di consentire ai rotiferi di adattarsi al nuovo ambiente tramite passaggi graduali di salinità (Gatesoupe e Luquet, 1981; Pascual e Yúfera, 1983).

    - Ossigeno disciolto: I rotiferi sopravvivono in acque che contengono un livello di ossigeno disciolto non inferiore ai 2 mg l-1. Il livello ottimale di ossigeno disciolto varia, comunque, in base a diversi fattori i più importanti dei quali sono: il ceppo dei rotiferi, la temperatura, la salinità, il regime alimentare e la flora microbica nella vasca in cui vengono allevati, il sesso e l’età. Gli effetti della temperatura sul consumo di ossigeno sono stati studiati su B. plicatilis da Epp e Lewis (1980) che hanno individuato una correlazione costante tra temperatura e fabbisogno respiratorio con un plateau intermedio tra i 20 e i 28 °C. Significativamente questo plateau corrisponde all’intervallo di temperature normalmente tollerate dai rotiferi nelle zone in cui vivono in natura. Jackson (1980), poi, ha evidenziato come il fabbisogno respiratorio sia proporzionale alla densità del cibo somministrato ai rotiferi. Il fabbisogno respiratorio di ogni singolo individuo sembra non essere influenzato dal numero di animali per unità di volume, dalla luce (Pourriot e Deluzarches, 1970) e pH (Epp e Winston, 1978). Un’areazione eccessiva può causare perdite significative fra le uova e portare anche al collasso dell’allevamento in breve tempo, probabilmente perché rimuove i sedimenti dal fondo e porta ad un deterioramento nella qualità dell’acqua (Reguera e coll., 1982). Ci sono alcuni dati, poi, che sembrano dimostrare che l’osmolarità dell’ambiente può modificare la respirazione, almeno negli eurialini B. plicatilis (Ruttner-Kolisko, 1972; Epp e Winston, 1978).

    - Ammoniaca: Il rapporto NH3/NH4+ è influenzato dalla temperatura e dal pH dell’acqua. Il Brachionus spp. elimina la maggior parte dei composti azotati sotto forma di ammoniaca e urea (Hirata e Nagata, 1982). La tossicità dell’NH3 per i rotiferi non è certa anche se sembra che siano abbastanza resistenti a questa molecola. È comunque vero che nelle vasche di Brachionus si trovano spesso alti livelli di ammoniaca (Coves e coll., 1990). Dhert (1996) ritiene che alti livelli di ammoniaca non ionizzata siano tossici per i rotiferi e individua il valore 1 mg l-1 di NH3 come concentrazione limite per l’allevamento intensivo.


    - PH: I rotiferi vivono, nel loro ambiente naturale, ad un livello di pH al di sopra di 6,6 anche se possono sopravvivere bene ad un range che va da 5 a 9 (Fukusho, 1989), tuttavia in acquacoltura i migliori risultati sono ottenuti con pH superiori a 7,5.

    - Luce: Nonostante diverse prove già realizzate, non sono ancora ben definite le condizioni di luce ottimale per il B. plicatilis (Fukusho, 1989). Si crede che gli effetti diretti della luce sulla crescita dei rotiferi non siano significativi, ma è probabile che si producano effetti secondari dovuti alla crescita di batteri fotosintetici e di microalghe nella vasca d’allevamento.

    Alimentazione:
    - Fitoplancton: Senza dubbio, le micro-alghe marine costituiscono la migliore dieta per rotiferi e se un sufficiente numero di alghe sono disponibili e dosate con l'appropriato criterio, si possono raggiungere risultati eccezionali. Sfortunatamente, in molti casi non è possibile sopperire alla veloce capacità di filtrazione dei rotiferi che richiedono una produzione notevole che richiede spazio.

    - Lievito di birra: Il lievito di birra è composto da piccole particelle (5-7 μm) e possiedono un alto contenuto proteico e ciò lo rende un alimento adatto ai Brachionus. Bisogna fare attenzione un utilizzo esagerato e non controllato può portare al collasso repentino della coltura. Molto probabilmente, questi crash sono stati causati dalla scarsa digeribilità del lievito, che richiede la presenza di batteri per la digestione e dal peggioramento dei parametri chimici dell’acqua di coltura. Inoltre, il lievito necessita l'integrazione di acidi grassi essenziali e vitamine per soddisfare il fabbisogno degli organismi predatori. Gli integratori commerciali, come del resto le emulsioni fai-da-te (Oli di pesce emulsionati commerciali o lecitina di tuorlo d'uovo), possono essere aggiunti al lievito o dosati direttamente nelle vasche dei rotiferi. Ottimi risultati si possono ottenere grazie ai rotiferi alimentati con lievito e omega 3 (rotiferi alimentati con un preparato di lievito prodotto aggiungendo olio di fegato di seppia al 15% del liquido di coltura). Successivamente le integrazioni al cibo per rotiferi o al loro liquido di coltura vengono effettuate con formulazioni di micro - particolati ed emulsionati. Oltre al lievito di birra fresco, possono essere usati anche lieviti istantanei, lieviti marini (Candida) o lieviti Rhodotorula.

    - Fitoplancton e lievito di birra: Se non si ha disponibile una quantità sufficiente sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo di micro-alghe, può essere effettuata un'integrazione di lievito. La quantità di lieviti necessari all'alimentazione quotidiana dei rotiferi è circa di 1g/milione di rotiferi (questo valore possa variare a seconda del tipo di rotiferi (S, L) e delle condizioni della coltura). Se le alghe possiedono un alto volume nutrizionale, una buona galleggiabilità ed acqua incontaminata, possono essere usate il più possibile, non solo come cibo per rotiferi, ma anche per controllare la qualità dell'acqua.

    - Alimenti artificiali: Esistono alimenti commerciali disponibili in forma secca . Sono stati formulati per ottimizzare le performance di allevamento e ottenere un profilo nutrizionale di alto livello. Hanno caratteristiche fisiche ottimali per l'assimilazione da parte dei rotiferi: il particolato misura 7 μm, con una forte aerazione rimane perfettamente in sospensione nella colonna d'acqua e non si scioglie. Tuttavia, questo alimento deve essere messo in sospensione nell'acqua prima di essere somministrato, ciò facilità la possibilità di effettuare il dosaggio automaticamente, ma allo stesso tempo rende necessario un impianto per l'aerazione e per la conservazione al fresco e ha dei costi notevolmente più alti dei metodi illustrati precedentemente (è da tenere presente anche la difficoltà di reperire quantità appropriate all’uso domestico).

    Tecniche d'arricchimento per (omega3) HUFA
    Per ottenere migliori risultati nello svezzamento delle larve è utile migliorare il profilo nutrizionale dei rotiferi e questa operazione chiamata “arricchimento” si può effettuare in modi diversi in base alla disponibilità di spazio e prodotti:

    - Micro-alghe : L'alto contenuto di acidi grassi essenziali EPA e DHA di alcune micro-alghe (ad esempio Nannochloropsis occulata e Isochrysis galbana), le rende delle eccellenti risorse di cibo vivo, adatte ad incrementare gli acidi grassi essenziali dei rotiferi. I rotiferi, immersi in queste alghe, assimilano gli acidi grassi in poche ore. Tuttavia, l'uso delle microalghe come unica dieta per i rotiferi implica la necissità di avere spazio per la produzione algale. Il più delle volte i rotiferi vengono arricchiti con emulsioni di olio e successivamente dati in pasto ai predatori mantenuti in "acqua verde". Quest'acqua verde consiste in ± 2'000'000 di cellule algali / ml (Tetraselmis, nannochloropsis o Isochrysis) che contribuisce a mantenere un valore appropriato di HUFA delle prede vive, prima che queste vengano mangiate dai predatori.

    - Nutrimenti artificiali: I rotiferi cresciuti con il prodotti commerciali appositamente studiati hanno già una composizione HUFA eccellente (es. valori con Culure SELCO 5,4 (EPA), 4,4 (DHA) e 15,6 (omega3) mg / g a secco). Con questi prodotti si ottengono valori di HUFA significativamente alti rispetto ai rotiferi cresciti con una dieta a base di alghe e lievito ma non tanto dissimili da organismi alimentati con alghe e lievito e soggetti ad integrazione di HUFA. Il vantaggio di arricchimenti diretti (e a lungo termine) sono molteplici: il profilo di acidi grassi ottenuto è stabile e riproducibile, il contenuto di lipidi è simile a quello dello zooplancton selvatico, le perdite di rotiferi è minore e lo spazio da dedicare all’allevamento è sensibilmente ridotto, per contro hanno dei costi elevati e sono molto difficile da reperire per uso acquariofilo non professionale.

    - Emulsioni d'olio: Uno dei metodi più economici per arricchire i rotiferi è l'arricchimento con emulsioni d'olio. Le emulsioni fai-da-te possono essere preparate con lecitina di uova e olio di pesce ricchi di (omega3)HUFA (olio di seppia, olio di fegato di pollack, olio di fegato di merluzzo, olio di menadi, ecc.), tuorli d'uovo emulsionati ed acqua di mare, visto che la stabilità e la possibilità di stoccaggio di questi prodotti sono piuttosto relative, sono solitamente preparati al momento ed usati immediatamente. Le emulsioni disponibili sul commercio invece sono generalmente più stabili e contengono una selezionata composizione di HUFA. Il loro utilizzo metodo prevede di immergere per 6 ore una coltura (con densità di 200#300 unita/ml) in un’emulsione d'olio diluita, quindi raccolta, sciacquata e concentrata prima di essere data in pasto ai pesci.

    - Tecniche di arricchimento della vitamina C : Il contenuto di vitamina C dei rotiferi dipende dai livelli di acido ascorbico (AA) contenuti dagli arricchitori. Per esempio, i rotiferi allevati con lieviti istantanei contengono 150 mg /g di vitamina C, mentre quelli alimentati con Chlorella ne contengono 2300 mg /g. L'arricchimento dei rotiferi con acido ascorbico avviene usando il palmitato di ascorbile (AP) come fonte principale di vitamina C. L'AP viene convertito dai rotiferi in acido ascorbico attivo raggiungendo livelli di 1700 mg /g (attuando procedure di arricchimento di 24 ore in emulsioni contenti 5% di AP). Lo stoccaggio di rotiferi in acqua salata dopo la coltura o l'arricchimento non ha effetti sul contenuto di AA durante le prime 24 ore, perciò significa che quando vengono usati per alimentare le larve in un allevamento ben avviato, mantengono il loro valore nutrizionale.

    Tecniche di allevamento:
    Fase di mantenimento: Il mantenimento di ceppi puri ha lo scopo di garantire una riserva di organismi in ottimo stato e inoltre di identificare e selezionare progressivamente i ceppi più adatti
    Dal mantenimento alla produzione: Per lanciare un ciclo d’allevamento completo, viene prelevata una certa quantità di rotiferi dalla fase di mantenimento
    Allevamento di massa: A questo punto, il passaggio successivo consiste nel "lancio" di un nuovo ciclo di produzione in contenitori molto più capienti e comunque differenti a seconda delle tecniche. Le tipologie di allevamento di massa sono quattro: allevamento discontinuo, semi-continuo, continuo e ad altissima densità.

    - Allevamento discontinuo: L’allevamento discontinuo è il metodo più comune per la produzione di rotiferi nei vivai di pesci marini. Tramite inoculi successivi a partire dalla fase di mantenimento, vengono impiegati volumi progressivamente più grandi fino a quando si raggiungono le quantità e le densità volute. I rotiferi così prodotti e raccolti sono utilizzati totalmente per l’alimentazione larvale. Fondamentale in questa pratica è l’inoculazione di nuovi volumi con popolazioni a densità sufficientemente alte per assicurare una rapida crescita dello stock e inibire la crescita di organismi competitori, soprattutto ciliati.
    • facilità d’esecuzione: si riempie la vasca all’inizio del ciclo e si svuota a fine ciclo senza necessità di interventi intermedi;
    • buoni tassi riproduttivi dovuti anche al fatto che cicli brevi di produzione limitano l’accumulo di sostanze inquinanti nell’ambiente che inibiscono l’efficienza riproduttiva dei rotiferi;
    • maggior igiene: infatti il "tutto pieno-tutto vuoto" insieme alla disinfezione delle vasche tra un ciclo e l’altro garantisce un buon livello igienico dell’alimento vivo.

    - Allevamento semi-continuo: In questo sistema, dopo il lancio dell’allevamento, si preleva periodicamente una certa quantità di organismi per l’alimentazione larvale. Dopo un certo numero di raccolte, si rinnova completamente la vasca. Per esempio, si può fare un ciclo completo della durata di 7 giorni partendo con una densità iniziale di individui compresa tra 50 e 200 ml-1. Le vasche di allevamento vengono riempite fino a metà della loro capienza e, nel corso dei primi due, tre giorni, si aumenta il volume dell’acqua fino al riempimento della vasca. Nei giorni successivi si preleva una quantità di acqua pari a circa la metà del volume totale della vasca per utilizzare i rotiferi raccolti come alimento; la vasca viene, quindi, nuovamente riempita con acqua il che consente di diluire della metà la densità dei rotiferi rimasti. Al sesto-settimo giorno il contenuto della vasca viene raccolto completamente. Il rinnovo dello stock diviene necessario perché, dopo alcune raccolte, il tasso riproduttivo dei rotiferi tende a diminuire probabilmente a causa dell’accumulo di rifiuti organici e di cibo non utilizzato.

    - Allevamento in continuo: Un ulteriore passaggio nell’intensificazione della produzione avviene con le colture in continuo, in cui, raggiunta una densità costante di rotiferi, si preleva periodicamente una certa quantità di organismi senza mai svuotare completamente le vasche. Una volta a regime, la popolazione di rotiferi tendenzialmente raddoppia ogni giorno. Questo metodo, però, ha lo svantaggio di non essere conveniente a lungo termine in quanto provoca uno scadimento qualitativo del rotifero e fa aumentare il rischio di crash produttivi.

    Cisti di rotifero
    Poiché le cisti di rotifero possono essere conservate a secco in modo simile alle cisti di artemia, sarebbe molto interessante utilizzarle in allevamento. A partire dalle cisti (fig. 6), infatti, si possono ottenere grosse quantità di rotiferi in breve tempo (Pourriot, 1990) e si garantisce la disponibilità di una scorta quando la produzione fallisce improvvisamente. Se da una parte riducono i costi per mantenere viva la coltura quando si producono i rotiferi per partenogenesi, sono costose e difficili da reperire sul mercato per un acquariofilo.


    Fig. (6) cisti rotifero


    Conclusioni:
    E questo per ora è tutto cari REEFBASTARDS … sperando di non avervi annoiato troppo.
    La seconda parte tratterà nello specifico l’allevamento domestico dei rotiferi “step by step” con foto dettagliate e filmati quindi …..
    STAY TUNED !!!!!

    Bibliografia:
    Plankton Culture Manual 6th Edition (1987) - Frank H. Hoff &Terry W. Snell
    Manual on the Production and Use of Live Food for Aquaculture (1996) - Patrick Lavens & Patrick Sorgeloos