Introduzione
L’articolo che segue ha lo scopo di presentare a grandi linee le caratteristiche salienti (è proprio il caso di dirlo) degli ambienti salmastri sparsi nei cinque continenti, sia nella fascia tropicale che in quelle temperate.
Seguiranno alcuni approfondimenti in cui si tratteranno in modo molto più approfondito gli aspetti tecnici e realizzativi di particolarissime ed affascinanti vasche tematiche.
Elementi distintivi dei biotopi salmastri
L’ambiente salmastro si trova fondamentalmente dove i corpi fluviali incontrano il mare, sia esso una palude costiera, un ampio estuario o l’intricato delta di un grande fiume.
Il flusso di acqua dolce in prossimità delle foci si mescola con l’acqua marina e per effetto della combinazione fra la variabile portata dei fiumi, la direzione e la forza dei venti, il ritmo delle maree, crea ampie zone di continua transizione.
La parola chiave che contraddistingue queste zone, ovunque esse si trovino attorno al globo, è CAMBIAMENTO.
Il cambiamento è evidente a livello fisico macroscopico e si ripete quotidianamente, quattro volte al giorno, con il salire e il ridiscendere delle maree e diventa drastico se si osservano i valori chimico-fisici dell’acqua quali il ph, la durezza, la temperatura e, soprattutto, la salinità.
A differenza di quasi tutte le specie comunemente allevate in acquario, che si sono evolute in particolari condizioni, le piante, i pesci e gli invertebrati degli ecosistemi salmastri sono in grado di adattarsi agevolmente, rapidamente e senza sforzo apparente alle ampie fluttuazioni delle condizioni ambientali che caratterizzano il loro habitat.
La domanda che più frequentemente ci si pone, incontrando le fantastiche creature che popolano questi bizzarri angoli di natura, è perché esse si siano adattate così in gran numero ad un ambiente apparentemente ostile e mutevole.
La risposta è molto semplice: l’ambiente salmastro è ricco di nutrimento come pochi altri e, come ben si sa, dove c’è cibo in abbondanza, c’è vita in abbondanza.
Vicino alla foce infatti la corrente fluviale rallenta e deposita incessantemente una miriade di sedimenti sotto forma di fanghiglia estremamente fertile e ricca di depositi organici.
Tale fanghiglia viene trattenuta dalle radici e dagli steli della ricca vegetazione, contribuisce a renderla rigogliosa e fornisce l’habitat adatto allo sviluppo di innumerevoli specie di microorganismi, anello primario di una complessa catena alimentare.
Brulicanti nella fanghiglia troviamo protozoi, alghe, vermi, piccoli crostacei, molluschi che filtrano l’acqua e si cibano dei microorganismi, fungendo essi stessi da alimento per grandi crostacei, piccoli pesci, uccelli acquatici.
Se a questa ricchezza di vita autoctona aggiungiamo le mille specie ittiche che vi si recano per nutrirsi e gli uccelli stazionari e migratori che hanno eletto gli estuari salmastri a loro zona riproduttiva preferita o a zona di pastura e riposo durante le trasvolate, iniziamo a capire perché la biodiversità dei corpi umidi salmastri li accosta con pari dignità alla ricchezza di vita che caratterizza la foresta pluviale e la barriera corallina.
Qui i grandi predatori marini non arrivano e, grazie alle variazioni di salinità ed al carattere paludoso dei terreni, nemmeno i predatori terrestri e di acqua dolce hanno vita facile; la vicinanza del mare inoltre mitiga le fluttuazioni di temperatura, evitando eccessivi surriscaldamenti estivi e diurni e repentini abbassamenti della temperatura invernale e notturna: gli ambienti salmastri sono oasi naturalmente protette per la fauna che vi trova rifugio e il perfetto habitat dove crescere copiose nidiate di nuovi nati.
In generale gli abitanti delle zone interessate dalle maree si suddividono in due grandi categorie: gli animali che arrivano con l’alta marea e si nutrono durante le ore in cui il livello dell’acqua è elevato e gli animali che rimangono rintanati con l’acqua alta aspettando di uscire sulle spianate di sabbia e fango create dal ritirarsi dell’acqua durante la bassa marea.
Della prima categoria fanno parte fondamentalmente i pesci, siano essi detrivori, mangiatori di microorganismi o predatori di molluschi e crostacei; della seconda categoria soprattutto i crostacei, alcuni rettili e gli uccelli acquatici.
Classificare gli abitanti in categorie omogenee è quindi un esercizio molto difficile, poiché i criteri di differenziazione seguono la tassonomia, le abitudini alimentari, la tolleranza più o meno spinta verso l’acqua dolce o la salinità, le abitudini riproduttive.
All’acquariofilo basta conoscere le informazioni basilari, che sono tuttavia una fonte di grande ispirazione per vasche tematiche, soprattutto per quanto concerne i protagonisti, ma con un occhio di riguardo anche per i materiali utilizzati nell’allestimento e per le piante impiegate come background; vediamo quindi di individuare una prima, grande suddivisione di carattere strutturale.
L’estuario delle maree
Gli estuari sono i più comuni ambienti salmastri e si presentano ovunque un fiume si getti nel mare; si usa suddividere l’estuario in superiore ed inferiore.
L’estuario superiore è una zona abitualmente popolata da specie di acqua dolce adattate a resistere ad un blando aumento di salinità, quindi le specie predominanti sono quelle di acqua dolce ed alcune salmastre. Molto spesso la zona umida si allarga ben oltre il letto del corso d’acqua, formando una palude costiera caratterizzata da una vegetazione rigogliosa e da un intricata rete di canali e pozze.
Qui il fango alluvionale depositato dal fiume consente alla vegetazione una crescita vigorosa e i piccoli animali come molluschi, lumache, insetti, vermi e crostacei forniscono una inesauribile fonte di nutrimento per i pesci.
Il delta dei fiumi Nilo e Niger sono gli esempi più noti di questo tipo di estuario.
L’estuario inferiore invece ha una natura marina e solo occasionalmente salmastra; l’elevata salinità esclude lo sviluppo di gran parte della vegetazione e di molte specie ittiche, tipicamente vi si incontrano specie marine intente a nutrirsi della ricca microfauna che trova rifugio nelle profonde praterie di fango sommerse.
Zona interessata dalla bassa marea in Kenya; in secondo piano albero di mangrovia nera.
Canneti e paludi salmastre
Le paludi coperte di canne e le praterie salmastre sono caratteristiche delle zone temperate; anche se sono tipiche negli estuari, non vengono loro associate poiché qui l’unica acqua marina è portata in modo discontinuo dalle maree, mentre l’acqua dolce vi giunge più frequentemente tramite le piene dei fiumi, le piogge, o circoscritte polle che sgorgano dal sottosuolo.
Queste diverse influenze creano un ambiente salmastro con una predominanza dolce, meno accentuata nelle paludi coperte da vegetazione bassa e più accentuata nei canneti che crescono più lontani dalla costa e prediligono una salinità inferiore.
Le comunità ittiche che vi si trovano sono prevalentemente costituite da pesci di piccola taglia che vivono nell’acqua bassa e più dolce che ristagna durante la bassa marea (gobidi, killifish) e si nutrono di lumache, piccoli insetti e vermi del fango; per la maggior parte del tempo l’unica acqua presente è quella dolce, mentre l’acqua marina giunge qui solo al culmine dell’alta marea; si tratta quindi di una zona intermedia le cui caratteristiche variano dalla palude dolce al basso fondale salmastro.
La ricchezza di piccole prede attira qui per nutrirsi e per riprodursi innumerevoli specie di volatili.
Palude costiera salmastra in Messico, si noti la vegetazione lussureggiante.
Praterie sommerse
In contrasto con le paludi, le praterie sommerse sono per la maggior parte del tempo allagate dal mare ed emergono con varie modalità solo al culmine della bassa marea.
La salinità minima è solitamente attorno alla metà di quella tipicamente marina, mentre per la maggior parte del tempo qui l’acqua è ancora più salata di quella del mare, a causa della forte evaporazione.
Qui sono predominanti le specie prettamente marine come alcuni gobidi, i pesci piatti come le sogliole ed alcune razze, gli ippocampi e i pesci stecco, come lo Xenentodon cancila.
Esempio di basso fondale costiero perennemente invaso dall’acqua marina (Ravenna, Italia).
Foreste di mangrovia
Eccoci giunti all’ambiente salmastro tropicale per antonomasia, estremamente interessante dal punto di vista acquari stico e caratterizzato dalla onnipresente mangrovia, un albero meraviglioso con caratteristiche uniche di adattabilità.
Le mangrovie sono presenti lungo tutta la fascia tropicale, dai caraibi alla Florida, dalle coste occidentali dell’Africa, al sud-est asiatico, all’Australia.
Quelle che comunemente sono chiamate mangrovie in realtà appartengono a specie anche molto diverse fra loro, ciascuna adattata a particolari condizioni di salinità e substrato.
La particolarità della mangrovia è di ricreare un complesso ecosistema sia sopra che sotto il pelo dell’acqua, supportando e dando asilo a una enorme varietà di specie terrestri ed acquatiche (tanto per dirne una, in Indonesia alcune popolazioni di scimmie si sono evolute come esclusive abitatrici di questo habitat e si nutrono in prevalenza delle mangrovie stesse).
I rami della mangrovia danno asilo ad insetti, uccelli, roditori e rettili, mentre le radici costituiscono un sicuro rifugio in cui crostacei, molluschi e piccoli pesci vivono e, soprattutto, possono riprodursi al riparo dai grandi predatori.
Le più famose specie di pesci salmastri, quali gli scatophagus, i monodactilus e i pesci arcieri, sono prevalentemente residenti nelle foreste di mangrovie.
Tipica formazione di mangrovie rosse con l’alta marea; notare il groviglio di radici che offre sicuro rifugio ai piccoli pesci ed ai crostacei
Flora e fauna salmastre di interesse acquaristico
I pesci salmastri: specie e classificazione
Prima di classificare le specie che si possono trovare ed allevare in acqua salmastra, è necessario spendere qualche parola sul concetto di salinità ed osmoregolazione, cioè il meccanismo attraverso il quale i pesci riescono a mantenere costante il tenore salino dei propri fluidi corporei pur essendo permanentemente immersi in soluzioni acquose con differenti concentrazioni di sali.
L’acqua marina normalmente contiene 35 grammi di sali per ogni litro di acqua, cioè una salinità del 35 per mille che viene tradotta nella pratica, senza unità di misura, come salinità pari a 35.
L’acqua dolce invece contiene una concentrazione di Sali troppo bassa per variarne in modo misurabile la densità; per nostra convenzione l’acqua dolce avrà salinità pari a zero.
Possiamo anche definire la salinità utilizzando una diversa grandezza, la densità specifica; l’acqua dolce per convenzione avrà una densità specifica di 1,000, mentre l’acqua di mare di 1,035.
I sali contenuti nell’acqua marina sono per la maggior parte costituiti da cloruro di sodio, ma anche da carbonato di calcio, da sali di magnesio e di moltissimi altri elementi minori; in particolare il carbonato di calcio ha un forte effetto tampone che mantiene ph e durezza dell’acqua marina su valori stabilmente elevati.
Anche gli organismi acquatici contengono un ben determinato tenore salino nei propri tessuti (citoplasma cellulare), nel proprio sangue e nei propri fluidi corporei.
La stragrande maggioranza degli invertebrati marini come molluschi, coralli ed artropodi mantiene una concentrazione di sali assolutamente identica a quella dell’acqua di mare e quindi nessun passaggio osmotico caratterizza i loro semplici organismi, rendendoli tra l’altro incapaci di tollerare anche minime fluttuazioni della salinità.
I pesci invece non hanno il medesimo tenore salino dell’acqua in cui nuotano e, per diffusione, tenderebbero spontaneamente a guadagnare sali perdendo acqua o viceversa.
La diffusione è la legge fisica secondo cui, in una soluzione di più elementi, essi tendono a spostarsi da zone a concentrazione più elevata verso zone a minore concentrazione, fino a che il tenore delle diverse sostanze tende ad essere omogeneo in tutti i punti (ad esempio una goccia di inchiostro disciolta in acqua si diffonde da sé senza bisogno di mescolare in un breve lasso di tempo).
Per sopravvivere quindi, i pesci marini devono spendere molte delle loro energie per espellere i sali e trattenere la necessaria quantità di acqua; ci riescono inghiottendo l’acqua marina ed eliminando il cloruro di sodio attraverso cellule specializzate delle branchie e il carbonato di calcio attraverso l’esigua quantità di urina che producono.
I pesci d’acqua dolce hanno invece il problema opposto, guadagnano infatti acqua perdendo sali e sono costretti ad produrre grandi quantità di urina pressochè priva dei sali, che invece vengono trattenuti.
I pesci che hanno adattato in milioni di generazioni i loro corpi ai due ambienti e sono quindi incapaci di passare dall’uno all’altro sono detti stenoalini, cioè adatti ad un ristretto campo di salinità.
I pesci salmastri invece sono differenti: sono detti eurialini, cioè tolleranti rispetto ad un ampio range di salinità.
Pensiamo ai pesci che vivono negli estuari e presidiano un ben determinato territorio come i ciclidi; se il loro territorio si trova in una zona interessata dalle maree, la salinità che li interessa varia drasticamente per ben quattro volte al giorno!
I pesi arcieri invece non sono legati ad un territorio, ma di giorno cacciano insetti nelle foreste di mangrovia ove predomina l’acqua dolce, mentre durante le ore notturne trovano rifugio nelle più profonde acqua marine costiere.
Pensiamo anche alle anguille ed ai salmoni, che utilizzano le acque dolci per il loro ciclo riproduttivo, alternandovi lunghi periodi di permanenza in mare.
Non tutti i pesci che comunemente sono ritenuti salmastri tollerano i medesimi intervalli di valori, vediamo quindi di classificare le specie più comuni a seconda del loro grado di sopportazione della salinità.
Pesci d’acqua dolce che tollerano una moderata salinità
I pesci in questa lista sono fondamentalmente pesci d’acqua dolce che tollerano indefinitamente una salinità fino a 3, cioè una densità specifica di 1.003.
Essi possono essere allevati insieme a pesci più propriamente salmastri che però vogliono bassi valori di salinità, come pesci arcieri, alcuni gobidi, alcuni flatfish.
Vorrei sottolineare che i pesci indicati possono convivere per quanto riguarda le esigenze dei valori acqua, ma possono essere incompatibili per regime alimentare,dimensioni vasca richieste, territorialità, attitudine predatoria.
Erpetoichtys calabaricus
Macrognathus aculeatus
Mastacembelus armatus
Mastacembelus erythrotaenia
Pristella maxillaris
Carassius auratus
Cyprinus carpio
Glyptoperichtys gibbiceps
Hemibagrus nemurus
Hypostomus punctatus
Ictalurus punctatus
Liposarcus pardalis
Mystus armatus
Mystus vittatus
Poecilia reticulata
Xiphophorus Hellerii
Xiphophorus maculatus
Xiphophorus variatus
Aplocheilus sp.
Melanotaenia sp.
Anabas sp.
Channa orientalis
Osphronemus goramy
Nandus Nandus
Aequidens pulcher
Archocentrus nigrofasciatus
Thorichthys meeki
Colomesus asellus
Tetraodon lineatus
Bedotia geayi
Telmatherina ladigesi
Acipenser ruthenus
Esox lucius
Onchorhynchus mykiss
Aequidens Pulcher
Xiphophorus variatus
Ictalurus punctatus
Pesci marini che tollerano acqua salmastra
Diverse specie generalmente commercializzate come marine possono essere allevate con successo in acqua salmastra ad elevata salinità e fare da compagne per tipici pesci salmastri.
Essendo tenuti in acqua marina, devono essere adattati con molta cautela e gradualità alla condizione di salinità ridotta, ma possono poi viverci per un tempo indefinitamente lungo.
Una densità specifica adeguata va da 1,012 a 1,017 e l’accostamento ad altre specie non può prescindere da considerazioni caratteriali, alimentari e predatorie.
Plotosus lineatus
Neopomacentrus taeniurus
Pomacentrus taeniometopon
Stegastes otophorus
Arothron ispidus
Chelonodon patoca
Lutjanus argentimaculatus
Lutianus sebae
Micrognatus strigtus
Platax orbicularix
Platax teira
Platax orbicularix
Chelonodon patoca
Pesci propriamente eurialini (adattabili)
Le specie in questo elenco sono invece adattate a vivere egregiamente in un vasto campo di valori e in certi casi si spostano agevolmente dall’acqua completamente dolce al mare aperto.
Per questi pesci si consiglia di tenere una densità specifica variabile da 1,006 a 1,012.
Le considerazioni di carattere comportamentale sono identiche a quanto scritto sopra.
Anguilla sp.
Echidna rhodochilus
Gymnothorax sp.
Cyprinodon sp.
Fundulus sp.
Jordanella floridae
Jordanella pulchra
Aspredo aspredo
Hexanematichthys seemani
Mystus gulio
Anaplebs anaplebs
Belonesox belizanus
Gambusia sp.
Poecilia latipinna
Poecilia mexicana
Poecilia sphenops
Poecilia velifera
Boleophtalmus sp.
Brachygobius sp.
Butis butis
Dormitator maculatus
Gobioides broussonnetii
Periophtalmus sp.
Pomatoschistus sp.
Stigmatogobius sadanundio
Salaria pavo
Cichlasoma urophtalmus
Etroplus maculatus
Etroplus suratensis
Hemichromis bimaculatus
Herichthys carpintis
Oreochromis sp.
Nandopsis sp.
Sarotherodon sp.
Tilapia sp.
Vieja maculicaudia
Tetraodon fluvialitis
Achirus lineatus
Cynoglossus bilineatus
Trinechtes fasciatus
Atractosteus tristoechus
Datnioides sp.
Cynoglossus microlepis
Dermogenys pusilla
Gasterosteus aculeatus
Lepisosteus oculatus
Lepisosteus osseus
Microphis brachyurus
Monodactilus sp.
Notesthes robusta
Parambassis ranga
Parambassis wolfii
Rhinomugil corsula
Scatophagus sp.
Selenotoca sp.
Toxotes sp.
Terapon jarbua
Xenentodon cancila
Monodactylus sebae (il mono africano)
Monodactylus Argenteus
Scatophagus Argus
Toxotes jaculatrix, il pesce arciere per antonomasia
Le piante salmastre : inserimento e cure in acquario
Molti acquariofili sono convinti che una vasca salmastra debba per forza essere priva di piante e che l’utilizzo di surrogati in plastica sia l’unica strada percorribile.
E’ vero che la maggior parte delle piante d’acquario in commercio non può sopravvivere in acqua fortemente salmastra, ma è altrettanto vero che, mantenendo la densità specifica al di sotto di un certo valore, possiamo introdurre e crescere con successo molte specie di piante acquatiche.
La piantumazione delle vasche, come tutti sanno, è benefica sotto molti punti di vista in quanto i vegetali contribuiscono ad arricchire l’acqua di ossigeno sottraendo gli inquinanti, offrono rifugio e senso di protezione ai pinnuti, abbelliscono decisamente il layout.
Tra le molte controindicazioni all’inserimento delle piante in acqua ad elevata salinità, la più importante è sicuramente l’estrema povertà di anidride carbonica disciolta, che non può neppure essere immessa artificialmente per non compromettere il ph e la durezza cui i pesci sono molto sensibili.
Le piante che meglio tollerano l’acqua salmastra sono quelle evolutesi nelle acque più dure, in grado quindi di utilizzare i carbonati presenti in soluzione come fonte di carbonio organico; tipicamente queste piante tollerano una densità specifica fino a 1,003.
Alcune altre specie, che andremo ora ad elencare e descrivere, possono essere immesse con successo in soluzioni a densità specifica fino a 1,005.
Piante che tollerano una densità specifica fino a 1,003
Anubias barteri
Comunissima epifita africana a crescita lenta, l’anubias barteri è la pianta d’acquario che tutti gli acquariofili, almeno una volta, hanno ospitato nelle proprie vasche e si comporta egregiamente in acqua a bassa salinità.
L’anubias è indifferente al tipo di substrato scelto poiché non assorbe il nutrimento dalle radici, bensì attraverso le foglie direttamente dalla colonna d’acqua; legata o incastrata fra le rocce o sui tronchi, vi si ancora in pochi mesi formando folti cespugli di foglie coriacee di un colore verde smeraldo intenso. Se la si lascia crescere senza potarla troppo frequentemente, non è raro vederla emettere dei piccoli fiori bianchi.
Si adatta a qualsiasi intensità luminosa; non di rado le basta la sola luce del giorno per sopravvivere.
Ceratophyllum demersum
Il ceratophyllum è una pianta che in natura può essere osservata ancorata al fondale, ma generalmente la sua forma tipica è un groviglio di germogli galleggianti a rapidissima crescita; è uno dei rifugi preferiti dai piccoli avannotti e offre un boccone succulento ai grandi pesci erbivori come i ciclidi e gli scatophagus.
Come l’anubias, assorbe i nutrienti direttamente dall’acqua e le radici, sottili e biancastre, solo occasionalmente raggiungono il fondo e servono unicamente per ancorare la pianta nella sua posizione.
E’ una formidabile utilizzatrice di nitrati e fosfati ed abbisogna di pochissima luce, caratteristiche che da sempre ne fanno la pianta ideale per vasche densamente popolate e/o in fase di avvio onde contrastare l’infestazione algale.
Ceratopteris cornuta
La ceratopteris è una pianta a crescita rapida e assorbe nutrienti allo stesso modo del ceratopyllum, ma a differenza di quest’ultimo richiede una forte illuminazione per crescere vigorosa.
Lasciata fluttuare sulla superficie, fornisce anch’essa un ottimo riparo per i piccoli avannotti.
Anubias barteri
Ceratopteris cornuta
Ceratophyllyum demersum
Crinum
Il crinum è una pianta caratterizzata da un bulbo a forma di cipolla e da lunghe foglie nastriformi piuttosto coriacee di colore verde intenso.
Per la sua coltivazione è necessaria una buona illuminazione accompagnata da un fondo fertilizzato, utile per ospitare e nutrire adeguatamente l’esteso apparato radicale.
Anche se si tratta di specie a crescita lenta, i crinum traggono notevole giovamento da una regolare fertilizzazione a base di ferro.
La varietà crinum thaianum può essere facilmente adattata ad un’acqua leggermente salmastra, mentre i crinum calamistratum e pedunculatum in natura sono presenti prevalentemente in acqua salmastra, quindi tollerano anche salinità maggiori.
Cryptocoryne wendtii
La cryptocoryne wendtii è una delle poche varietà di cryptocoryna che tollera l’ambiente salmastro.
Con i suoi cespugli folti e bassi è il rifugio ideale per piccoli pesci come i ciclidi nani ed i gobius, mentre le sue foglie tenere e delicate sono facile e sicura preda dei pesci più grandi.
Da evitare quindi in vasche con grandi ciclidi o scatophagus.
Cryptocoryne Wendtii
Crinum thaianum
Crinum calamistratum
Hygrophila
La comuna hygrophila polispermia e l’hygrophila corimbosa possono essere adattate con successo all’acqua salmastra.
Si consiglia l’impiego di un fondo fertilizzato con laterite ed una luce adeguata, altrimenti gli steli si allungano e le foglie si ingialliscono, dando un aspetto trascurato e sciatto alla vasca.
Se coltivata in modo corretto e regolarmente potata, l’hygrophila forma cespugli folti e di un verde brillante.
Grazie alla crescita molto veloce la pianta è un alleato prezioso contro nitrati e fosfati.
Vallisneria
Fra le piante d’acqua dolce più utili agli acquariofili salmastri troviamo la vallisneria gigantea (americana) e la vallisneria asiatica.
Queste piante sono il rifugio prediletto dei grandi pesci predatori che amano rifugiarsi nella penombra facendosi accarezzare dalle lunghe foglie nastriformi mentre tendono le imboscate alle loro ignare prede.
In particolare i pesci arcieri vi si appostano regolarmente per dare la caccia agli insetti.
La vallisneria cresce bene anche in assenza di un fondo fertile, ma richiede una fertilizzazione anche blanda della colonna d’acqua; se in salute emette continuamente stoloni.
Hygrophila polisperma
Vallisneria
Piante dell’ambiente salmastro
Bacopa monnieri
Pianta a stelo dalle foglie tondeggianti e carnose, naturalmente presente in ambiente salmastro.
Necessita di forte illuminazione e di fondo fertilizzato, adatta soprattutto ad acquariofili più esperti.
Echinodorus tenellus
Come la cryptocoryne è una pianta adatta ai piccoli pesci; necessita di un buon fondo fertile e di una illuminazione intensa, ma non è particolarmente esigente.
Stolona abbondantemente una volta acclimatata, formando un fitto tappeto.
Lilaeopsis brasiliensis
Pianta relativamente esigente, richiede fondo fertile e luce molto intensa.
Crea un tappeto più fitto e compatto del tenellus ed è adatta a colonizzare estese aree della vasca.
E’ particolarmente d’effetto associata a specie di piccola taglia come gobius e ciclidi nani.
Bacopa monnieri
Echinodorus tenellus
Lilaeopsis brasiliensis
Microsorium pteropus
E’ considerata da gran parte degli acquariofili salmastri il meglio sulla piazza, grazie alle esigenze estremamente ridotte ed ala sua resistenza alla salinità.
Essendo epifita cresce anche senza un fondo, abbarbicata a rocce o legni, in tutte le condizioni di luce.
Il sapore sgradevole delle sue foglie tiene lontani gli occasionali fitofagi, ma si sconsiglia di introdurla insieme a pesci erbivori abituali quali gli scatophagus, poiché ingerita in quantità è tossica.
Vesicularia dubyana
Il muschio di Giava può essere gradualmente adattato all’ambiente salmastro e, nei grandi estuiari del sud-est asiatico, può essere rinvenuto naturalmente in acqua ad elevata salinità.
Pianta epifita a crescita lenta, è il rifugio prediletto degli avannotti essendo un fitto rifugio e poiché fra i suoi germogli ospita una miriade di microorganismi appetitosi.
Non richiede forte illuminazione; una massima recita “… se c’è abbastanza luce per vederlo, c’è abbastanza luce per crescerlo”.
Microsorium pteropus (felce di Giava)
Vesicularia dubyana (muschio di Giava)
Mangrovia
La regina degli estuari e delle paludi costiere di tre continenti è una pianta estremamente robusta, adattabile ed affascinante.
Le sue radici sono in grado di far presa e di nutrirsi in acqua dolce, salmastra e persino marina, grazie alla capacità della pianta di filtrare il sale dalla linfa ed espellere quello in eccesso in forma cristallina dagli stomi delle foglie.
La mangrovia è un vero e proprio albero, e può quindi essere introdotta in vasche di grandi/grandissime dimensioni, oppure in vasche più piccole per limitati periodi di tempo.
Fortunatamente la sua crescita è piuttosto lenta in acquario, il suo sviluppo può quindi essere agevolmente controllato con opportune potature.
Le sue proprietà depurative e di assorbimento delle sostanze inquinanti ne fanno un poderoso strumento nelle mani degli acquariofili e, in alcuni casi, possono addirittura sostituire l'apparato filtrante.
La mangrovia necessita di una vasca aperta o, nel caso di un acquario dedicato ai perioftalmi o ai crostacei, di una vasca chiusa ma riempita solo per 1/3.
Le sue foglie infatti non sopportano la vita sommersa e abbisognano di abbondante illuminazione (l'ideale è una lampada HQI), mentre le radici possono essere affondate in un substrato morbido (sabbia o fango in natura) o ancorate a rocce (in questo secondo caso le radici si avvinghiano alla roccia con un effetto estetico fenomenale).
ATTENZIONE: adottate accorgimenti per fare in modo che le radici di mangrovia non raggiungano le sigillature della vasca, altrimenti correte il rischio che il vostro acquario si apra.
Mangrovia rossa di alcuni mesi
Mangrovia rossa adulta
Aspetto della foresta di mangrovie con la bassa marea
Allestimento dell’acquario salmastro – linee generali
Vasca
Più grande è, meglio è: a parte alcuni piccoli gobidi e poche specie di palla, i pesci salmastri più frequenti in commercio raggiungono taglie ragguardevoli e necessitano di un adeguato volume d'acqua.
Bene 200 litri, meglio 300 o 500, ottimo 750, soprattutto nel caso si intenda allestire un acqua-paludario con porzioni emerse per ospitare crostacei e/o pesci come toxotes o perioftalmi.
Acqua
L'estuario salmastro viene suddiviso in tre zone, a seconda della salinità dell'acqua: l'entozona (salinità da 1.000 a 1.005), la mesozona (salinità da 1.005 a 1.030) e la ectozona (acqua marina con densità 1.030 e superiori).
L'acquario salmastro nella stragrande maggioranza dei casi rientra nella mesozona, che è ulteriormente suddivisa in oligoalina (densità da 1.0005 a 1.005), mesoalina (da 1.005 a 1.018) e polialina (da 1.018 a 1.030).
La mesoalina è l'habitat di tutte le specie di pesci salmastri commerciali.
Si raccomanda una densità fra 1.010 e 1.015, cioè con un contenuto di sale dimezzato rispetto all'acqua marina in vasche senza piante ed una densità fra 1.003 e 1.005 ove le piante siano presenti.
Nota: teniamo sempre ben presente la scarsa miscibilità fra l'acqua dolce e quella salina; se immettiamo acqua salata in un contenitore con acqua dolce, essa precipiterà sul fondo mescolandosi poco o nulla e formando uno strato salino vicino al fondo.
Per osmosi la salinità diverrà uniforme in un tempo quantificabile in ore (se c'è movimento d'acqua) o in giorni (se non c'è movimento)... quindi attenzione a come si eseguono le aggiunte e le misurazioni!!
Filtraggio
La forma di filtraggio più efficiente e raccomandata per un acquario salmastro è il percolatore, che ha la particolarità di ossigenare molto l'acqua e di mantenere la flora batterica in una condizione di asciutto/bagnato ottimale per la nitrificazione.
Il filtro percolatore può essere alloggiato sul vetro posteriore della vasca, realizzando un doppio fondo in cui alloggiare la spray bar, la pompa e i materiali di supporto biologico; usando un pannello in polistirene si può ottenere il doppio risultato di realizzare il filtro ed un accattivante sfondo 3D.
Anche i normali filtri per acqua dolce possono essere utilizzati con profitto, con l'accortezza di sovradimensionarli di almeno il 50% e di aumentare l'ossigenazione dell'acqua (vedi sotto).
In particolare per le vasche piccole, con un buon filtro a cascata si ottiene una ossigenazione sufficiente.
In ogni caso si consiglia un ricambio molto più abbondante rispetto all'acquario dolce... la portata oraria del filtro dovrebbe essere fra le 5 e le 10 volte il volume della vasca.
Se la salinità della vasca è superiore a 1.018 è possibile utilizzare con ottimi risultati uno schiumatoio (protein skimmer) solitamente utilizzato per vasche marine; con salinità inferiore lo schiumatoio è inefficace.
Ferri del mestiere
Oltre ad avere a disposizione i principali test per il controllo dei valori acqua (per acqua dolce e marina), un densimetro è indispensabile per avere sempre sotto controllo la salinità della vasca.
Un semplice densimetro galleggiante o un economico densimetro a provetta sono più che sufficienti; ricordiamo che i pesci che vivono in ambiente salmastro sono abituati da milioni di anni alle variazioni di salinità, quindi una precisione superiore a quella garantita dai semplici strumenti proposti è inutile. Risparmiamo i soldi per una vasca più grande!!!
Riscaldamento
I riscaldatori, sia interni che esterni, devono essere dimensionati in ragione di circa 1W ogni litro di volume lordo della vasca e devono essere A PROVA DI ACQUA DOLCE E SALATA. Non risparmiate sul riscaldatore!!!
Fondo
In natura oltre il 90% degli ambienti salmastri è caratterizzato da un substrato fangoso, in cui resti animali e vegetali si accumulano senza sosta; in acquari convenzionali questo tipo di fondo è pressochè impossibile da mantenere, il surrogato migliore è quindi la sabbia finissima di fiume, ove possibile prelevata in natura e introdotta fresca senza lavaggio, onde preservare la ricca microfauna.
Le sabbie di quarzo industriali sono altamente sconsigliabili, in quanto sono ottenute dalla macinazione di rocce di maggiore pezzatura e quindi presentano granuli dai bordi taglienti ed acuminati.
Visto che molti degli abitanti delle zone salmastre sono soliti grufolare nel substrato alla ricerca di cibo, oppure si seppelliscono per riposare o cacciare, tale materiale di fondo provocherebbe abrasioni all'apparato boccale ed al manto che porterebbero velocemente ad infezioni.
I granuli delle sabbie fluviali invece sono il risultato di decenni o secoli di lenta abrasione e quindi sono naturalmente arrotondati.
Le sabbie coralline sono consigliabili solo in alcuni casi, poichè rilasciano molti carbonati.
Si sconsiglia di allestire un fondo con profondità non superiore ai 5 cm, in modo da evitare pericolose sacche anossiche.
Allestimento
Protagoniste dell'allestimento saranno le rocce, per il cui posizionamento in vasca bisogna prestare alcune cure:
- sul fondo della vasca va sistemato un pannello in polistirene o neoprene; va benissimo per esempio un pezzo di tappetino ginnico, oppure un ferma-tappeti in schiuma di poliuretano espanso; tale accorgimento è necessario perchè il peso delle rocce venga distribuito su una superficie ampia in modo da preservare l'integrità della lastra di fondo.
- prima si posizionano le rocce, poi si aggiunge la sabbia!!!
I pesci scavatori iniziano la loro opera ai bordi delle rocce, quindi rischiano di scalzarle se appoggiate sulla sabbia; nell'ipotesi migliore avremo un pesce morto schiacciato... nella peggiore CRAAAAASSHHHHH..... SPLLAAAASSHHH..... AAAAAARRRRRGGGGHHHH!!!
Maturazione
La maturazione in un acquario salmastro è più lunga di quella di una vasca dolce, a causa della maggiore difficoltà di insediamento dei batteri e dei funghi necessari al ciclo di eliminazione dei composti organici.
Si raccomanda di osservare un periodo di maturazione di almeno 8 settimane, se possibile prolungare a 10 settimane.
Le modalità principali sono due: partire con acqua salmastra fin dall'inizio (consigliato per vasche di sole rocce e sabbia), oppure partire con acqua dolce ed incrementare la salinità molto gradualmente con cambi parziali (vasche con piante).
Durante la normale conduzione si consiglia nei cambi parziali di alternare il rabbocco con acqua dolce e salmastra, in modo da variare la salinità della vasca ciclicamente; questa pratica è estremamente utile per tenere a bada parassiti del velluto e funghi e, in alcune specie, stimola la riproduzione.
Particolarità
*) La particolarità più evidente in una vasca salmastra rispetto ad una dolce è data dalla capacità tampone garantita dalla salinità nei confronti di nitriti e nitrati: grazie ad essa in tale ambiente sono tollerate dai pesci concentrazioni di nitrati fino a 300 mg/litro, che in acqua dolce ucciderebbero in breve tempo qualsiasi abitante. La concentrazione tollerabile di nitriti aumenta, ma in modo molto meno evidente; già una concentrazione doppia rispetto a quella letale in acqua dolce, nel salmastro provoca conseguenze analoghe.
Tale particolarità ben si sposa con le abitudini alimentari dei pesci tipici di questo habitat, che necessitano di essere nutriti molto più frequentemente ed abbondantemente dei loro "colleghi dolci", ma non deve diventare una scusa per tralasciare la manutenzione di vasca e filtri.
Ovviamente tale particolarità non costituisce un pregio nelle vasche con piante, che con tali concentrazioni di nitrati andrebbero incontro alla "morte verde", l'inevitabile proliferazione algale.
** )L'acquario salmastro ha la necessità di essere molto più ossigenato di un acquario dolce, vuoi per la minore presenza di piante, vuoi per la maggiore esigenza di ossigeno dei pesci.
Si consiglia vivamente l'utilizzo di un aeratore o di un sistema Venturi innestato sulla mandata del filtro.
Bibliografia:
Brackish-water fishes
Neale Monks
TFH Publications inc.
Brackish-water fishes
Frank Schaefer
Aqualog-Verlag A.C.S.
Chesapeake Bay - National Estuarine Research Reserve in Virginia
Estuarine Aquarium Keeping for beginners
By Bob Carroll